giovedì 21 ottobre 2010

Cultura, dalla Puglia sfida a Tremonti Fondi Ue per la "Regione della musica"


ROMA - La cultura è lontana dal cuore dell'impero. Perché "non si mangia", dice il ministro dell'Economia Tremonti, chiudendo il rubinetto. In periferia, invece, c'è chi sulla cultura scommette per creare veri, concreti posti di lavoro. Accade a Sud, nella Puglia del governatore Nichi Vendola, che racconta una scommessa tutta nuova. Si chiama Puglia Sounds e su di essa la Regione ha puntato le risorse finanziarie del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale con l'obiettivo di realizzare un virtuoso indotto.

Al centro del progetto la musica, che tanta parte ha in quel "rinascimento culturale" di cui i pugliesi parlano con fierezza. Di certo non un mero slogan, se la rivista XL col numero di novembre andrà in edicola con una compilation interamente dedicata alle band della nuova scena pugliese. Puglia Sounds ambisce ad andare oltre, sviluppando più identità in un unico scenario. Vuole essere polo d'attrazione per l'allestimento e la realizzazione di grandi produzioni musicali. La prima, un concerto-tributo per Nick Drake orchestrato da Joe Boyd, ha debuttato al Teatro Kursaal di Bari, ribattezzato per la sua nuova missione "Casa delle Musiche", il 9 e 10 ottobre. Prossimo appuntamento venerdi 15 ottobre con l'anteprima nazionale di Girano le pale, il nuovo album dei Folkabbestia. E qui si lavorerà ai nuovi spettacoli di Vasco Rossi e Gianna Nannini, attesi per la prossima primavera.

Puglia Sounds si pone anche l'obiettivo di internazionalizzare gli artisti pugliesi sostenendo le loro sortite all'estero. In questi giorni gli Après La Classe sono al Hitweek Festival di New York, i Nidi D'Arac suoneranno nell'ambito del Womex di Copenhagen a fine mese, mentre i Sud Sound System sbarcheranno in Australia a dicembre. Ma la parte più ambiziosa del progetto è dedicata a chi, in musica, spera in un futuro ad oggi tutto da inventare. I cosiddetti emergenti, che in tantissimi si sono già registrati sul sito di Puglia Sounds (www.pugliasounds.it).

Governatore Vendola, perché ha immaginato un indotto musicale in Puglia?
"Intanto un'idea generale: quando il cielo è offuscato dalle nubi oscure della crisi e della recessione, è il momento in cui bisogna investire in cultura, antidoto alla crisi per ragioni di civiltà ma anche materiali. Abbiamo immaginato di poter costruire un sistema produttivo complesso, legato a più filoni culturali. Innanzitutto abbiamo investito nel cinema, mettendo in piedi l'Apulia Film Commission, oggi protagonista della vita cinematografica nazionale, organizzando un festival internazionale con la supervisione di un grande del settore come Felice Laudadio, un barese che torna così a lavorare in Puglia. Sono nati due 'cineporti', le officine di tutte le arti e i mestieri legati al cinema. Arrivano i transatlantici delle grandi produzioni a girare in Puglia e trovano un 'portò in cui ormeggiare. E in questo porto, sia a Bari che a Lecce, trovano già tutto ciò che occorre a un set cinematografico. Questo significa far crescere anche una buona occupazione di ragazzi e ragazze pugliesi che prima, per inseguire il sogno del cinema, dovevano emigrare".

Cosa è accaduto dopo l'investimento nel cinema?
"Abbiamo prodotto un'infrastruttura culturale che non ha precedenti nella regione. Per dire, stiamo completando un'operazione unica in Europa. La Puglia ha 258 comuni, in 169 abbiamo ristrutturato vecchi immobili, come mercati dell'ortofrutta, caserme, fabbriche, mattatoi, trasformandoli in 'laboratori urbani'. Luoghi dove organizzare un cineforum come montare una pellicola, ascoltare un concerto o avere sale per provare e per incidere musica. Attrezzati con computer per ogni tipo di disabilità. Nei laboratori urbani si prova anche a incubare lavoro nuovo legato ai filoni della creatività. In questi anni abbiamo fatto cose dalla forza evocativa straordinaria, come la ricostruzione del Petruzzelli, dopo una stagione infinita di immobilismo. Per noi era strategico ricostruire la 'cassa armonicà della dignità del territorio. Abbiamo fatto investimenti sistematici sui teatri di provincia, su 20 cinema di qualità, paragonabili alle vecchie sale d'essai. Messo in piedi questo circuito, abbiamo finanziato istituzioni e fondazioni culturali, e scommesso in modo importante su la Notte della Taranta, il Festival della Valle d'Itria o il Carpino Folk Festival. Abbiamo disseminato la Puglia non di eventi effimeri, ma di strutture produttive".

E si arriva a Puglia Sounds...
"Il vettore, in entrata e in uscita, per la circolazione culturale ed economica delle produzioni musicali. Un'etichetta che mette insieme i musicisti pugliesi, li aiuta a superare le difficoltà di ogni passaggio della vita artistica. Avere i luoghi in cui provare, gli spazi e le tecnologie per produrre musica, li aiuta a conoscerci e a scoprire il mondo, a internazionalizzarsi. Contemporaneamente, aiuta la Puglia a sprovincializzarsi dal punto di vista musicale, perché è un'etichetta che diventa polo d'attrazione per musica di qualità a livello mondiale. Si tratta di un altro segmento importante di quel distretto industriale della creatività a cui stiamo lavorando".

Tra le grandi produzioni che hanno scelto la Puglia e Puglia Sounds, si annunciano la prossima primavera i tour di Vasco Rossi e Gianna Nannini. Chi preferisce?
"Mi piacciono moltissimo entrambi, difficilmente si può fare una graduatoria. Due modalità di vocalizzare e di interpretare assolutamente differenti. Hanno in comune un tratto esplosivo di anarchia corporale e una musica libertaria. E' difficile, sono tutti e due adorabili. Ma posso dire chi è il mio preferito in generale..."

Prego Governatore...
"Sono assolutamente innamorato di Franco Battiato".

A chi affiderebbe la canzone simbolo di un nuovo corso per la sinistra?
"Sarebbe scorretto da parte mia reclutare a sua insaputa qualunque cantautore. Ci sono canzoni di diversi autori che hanno una forza di stimolo per la politica, sembrano afferrarla per il bavero, scuoterla e chiederle di essere meno autoreferenziale, di non essere così monotona ma di accogliere la polifonia della vita. Canzoni di Vecchioni, De Gregori, Dalla... fino alla canzone che io ho usato spesso nelle mie campagne elettorali: La cura di Battiato".

Torniamo a Puglia Sounds. A Sud il tasso di disoccupazione giovanile è altissimo, il governo riduce i finanziamenti alla cultura. In questo contesto crede sia possibile convincere i ragazzi che un percorso professionale nella musica sia possibile, quando la musica è ignorata anche dalla scuola?
"Penso ai miei anni di liceo, quando studiavo da un'amica non solo perché era la mia compagna di studi ma anche perché aveva il giradischi. E io andavo a casa sua a scoprire le novità dei cantautori. Per me era la 'casa della musica', c'era lo stereo, un segno del lusso nella mia formazione. Oggi la musica è inglobata nell'ordinario della vita quotidiana. Il rischio è che ce ne sia non dico troppa, ma in una quantità talmente caotica da non produrre un'educazione musicale. E' necessario affrontare la musica in maniera non naif e non spettacolaristica, ma come uno dei grandi strumenti di civilizzazione di un territorio. Come possiamo capire il nostro Risorgimento se non usando il melodramma come una forma di rappresentazione di quella temperie culturale e anche come un prezioso megafono del sentimentalismo patriottico di quella stagione dell'Ottocento? Non so se sarebbe immaginabile la rivolta nelle università senza Bob Dylan e i Beatles. E quanti amori sarebbero stati più scarni, poveri e sfortunati senza quei tre o quattro miliardi di canzoni d'amore. Tuttavia, penso che bisogna guardare alla musica anche come possibilità produttiva straordinaria. Oggi, poi, nell'incrocio tra intelligenza umana e artificiale si schiudono potenzialità inaudite per le produzioni musicali. Siamo dinanzi a un mondo che va affrontato in senso pieno, come un ciclo produttivo di ricchezza. Ricchezza di ogni genere, a tutto campo.

Puglia Sounds sostiene anche i concerti all'estero degli artisti pugliesi. Quale missione affida loro?
"Credo siano spontaneamente protagonisti di una relazione che deve essere sempre più cogente tra 'locus' e ' globus'. Ci sono quelli che si autoisolano nel 'locus', lo delimitano quasi fossimo all'età della pietra. Noi no, pensiamo che l'identità abbia bisogno di respirare, altrimenti muore di claustrofobia. Ha bisogno del vento cosmopolita. Quindi i nostri gruppi in giro per il mondo raccontano la Puglia, la sua musica e le straordinarie potenzialità di un meticciato, non solo musicale, che può salvare il mondo dalle sue psicosi e fobie".

Il progetto è sostenuto finanziariamente dal Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale. I soldi messi a disposizione del Sud dall'Unione Europea spesso sono rimasti a Bruxelles, quando non sono serviti a erigere cattedrali nel deserto o sono stati oggetto di piani truffaldini...
"Noi stiamo interpretando in maniera attiva i compiti che erano stati assegnati dalla strategia di Lisbona in termini di implementazione dei fattori innovativi nella gestione dei nostri sistemi economici. E siamo anche in linea con la strategia di Europa 2020. Ci stiamo comportando da cittadini europei e da governanti europei".

di PAOLO GALLORI
http://www.repubblica.it

martedì 19 ottobre 2010

I MUSICISTI SONO COME I CALCIATORI, E I POLITICI ITALIANI SONO DEI PEZZI .....DA NOVANTA


Il 24 settembre 2010 il presidente della Samp nonchè componente del cda del Teatro Carlo Felice, inveiva contro i musicisti italiani:

«Io vivo due esperienze, una da otto anni e l’altra da pochi mesi. Mutati i valori ci troviamo di fronte a due categorie: giocatori di calcio e operatori del teatro lirico con profonde analogie. Vivono in una sfera di cristallo che li protegge e non guardano quello che succede fuori: la crisi in tanti settori, la perdita del posto di lavoro, la povertà che aumenta. E pensano che questo loro privilegio sia immutabile ed eterno».

Come si giunge a paragonare uno stipendio di un professore d'orchestra a quello di un calciatore? Garrone !!!

Caro Garrone, vede, in Italia i veri privilegiati sono rappresentati dalla categoria dei politici, tutti, indistintamente.

La chiamiamo addirittura casta.

Lo sa perchè?

I privilegi non possono essere rappresentati da uno stipendio di 2000 euro al mese ( la media europea degli stipendi ai musicisti è molto più alta) .

Noi lavoriamo per l'intero anno solare ad eccezione delle vacanze estive quantificabili in 30 giorni.

Il professore d'orchestra deve prepararsi tecnicamente, e predisporsi spiritualmente, con l'anima a poter svolgere la sua funzione all'interno dell'orchestra, ubbidire con umiltà alla volontà del direttore e immergersi nel mondo emozionale con la serenità che non tutti i giorni è possibile avere.

Non siamo esenti da malattie professionali che a volte pregiudicano la nostra carriera.

Dobbiamo studiare continuamente e non possiamo permetterci di dormire sul lavoro come tanti politici fanno.



Per ricoprire il ruolo che occupiamo sosteniamo concorsi internazionali e non lecchiamo il sedere al politico di turno per fare il portaborse e guadagnare così 4000 euro mensili.

Non percepiamo vitalizi ne usufruiamo di auto blu, per tacere di tessere e sconti che ci permettono di accedere gratuitamente nei teatri, cinema, autostrade ecc.

Garrone, facciamo un paragone con i privilegi dei politici e la gente comune?

In quale paese vive lei?

Uno spettacolo dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia si intitolava "una città chiamata orchestra".

L'orchestra è una metafora della società, vi sono tutte le categorie di persone, e i caratteri e le dinamiche sono identiche.

La fratellanza è percepibile all'esterno come a volte i contrasti.

Problemi di ogni tipo vengono a galla ogni giorno, ma per magia, durante l'esecuzione tutto si aggiusta.

La musica modifica gli animi e li rende docili.

In quell'attimo il potere della musica è immenso perchè riesce a cancellare ogni egoismo.

L'unico scopo è la buona riuscita e la trasmissione, senza interferenze del "messaggio" umano-musicale.

Il calcio è un gioco, anche la musica lo è per alcuni versi.

Nel calcio non c'è nulla di sacro, se mai spetta al giocatore rendere il gesto sportivo "sacro" come sacra è la sua vita.

La musica è un inno alla gioia, mentre nel calcio a malapena i giocatori conoscono le parole del proprio inno nazionale.

Non facciamo paragoni, non voglio offendere il calcio, ma per carità di Dio, Garrone taccia!!

GARRONE STIA ATTENTO ORA!!

Questa notizia che non è trapelata affatto dai media, è l'ennesima beffa a tutti i lavoratori onesti d'Italia.


Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/Doc. VIII, n. 6/5, formulato dal Collegio dei questori.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi non possiamo ritirare quest'ordine del giorno, perché crediamo che su questo punto sia necessario intervenire.

L'abbiamo inserito nella contromanovra alla manovra economica del Governo, che è stata trasformata in un progetto di legge che qui non abbiamo potuto poi votare perché il Governo ha posto la questione di fiducia, ma riteniamo che questo sia un tema al quale i cittadini sono giustamente sensibili. Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa accettare l'idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o una pensione, di versare contributi per quarant'anni, quando qui dentro sono sufficienti cinque anni per percepire un vitalizio. È una distanza tra il Paese reale e questa istituzione che deve essere ridotta ed evitata. Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono tre - e percepiscono più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste qui per sessantotto giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un assegno vitalizio di più di 3.000 euro al mese. C'è la vedova di un parlamentare che non ha mai messo piede materialmente in Parlamento, eppure percepisce un assegno di reversibilità. Credo che questo sia un tema al quale bisogna porre rimedio e la nostra proposta, che stava in quel progetto di legge e che sta in questo ordine del giorno, è che si provveda alla soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati, chiedendo invece di versare i contributi che a noi sono stati trattenuti all'ente di previdenza, se il deputato svolgeva precedentemente un lavoro, oppure al fondo che l'INPS ha creato con gestione a tassazione separata. Ciò permetterebbe ad ognuno di cumulare quei versamenti con gli altri nell'arco della sua vita e, secondo i criteri normali di ogni cittadino e di ogni lavoratore, percepirebbe poi una pensione conseguente ai versamenti realizzati. Proprio la Corte costituzionale, con la sentenza richiamata dai colleghi questori, ha permesso invece di dire che non si tratta di una pensione, che non esistono dunque diritti quesiti e che, con una semplice delibera dell'Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso da noi prospettato, che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio della Camera e anche a tutti i cittadini e ai contribuenti italiani circa 150 milioni di euro l'anno.
Per questo motivo, chiediamo che la Camera si esprima su questo punto e vogliamo davvero dire che non c'è nulla, ma proprio nulla, di demagogico in questa nostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Borghesi n.
9/Doc. VIII, n. 6/5, non accettato dal Collegio dei questori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge.

(Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato
22
Hanno votato
no 498).

CHI SONO I PRIVILEGIATI? GARRONE COSA FA RISPONDE O PASSA LA PALLA???



lunedì 18 ottobre 2010

La Francia costretta al rigore, ma i fondi per la cultura aumentano


I francesi protestano contro la riforma delle pensioni, 43 miliardi di tagli in cinque anni. Ma il rigore finanziario non tocca la cultura. Anzi. Il bilancio 2011 prevede un incremento del 2,1 per cento, 154 milioni in più, per un un totale di 7,5 miliardi. La cifra va suddivisa tra i crediti per la missione cultura (pari a 2,7 miliardi per patrimonio, creazione, trasmissione dei saperi e democratizzazione della cultura); 4,68 miliardi per i media, i libri e l’industria culturale (di cui 3,22 dal canone tv, e 1,46 da crediti di bilancio) e 121,55 milioni per la ricerca. Lo stato francese sostiene il cinema, l’audiovisivo e il multimediale con 750 milioni, e destina alla digitalizzazione delle sale cinematografiche 125 milioni in tre anni, mentre altri dodici li riserva per combattere la pirateria digitale.

Il ministro della Cultura, Frédéric Mitterrand, da un anno in carica anche se bersaglio di polemiche per aver difeso Roman Polanski, parla di “impegni chiari” e di “riaffermata ambizione”, citando André Malraux che equiparava l’arte a “un antidestino”, per indicare le priorità: valorizzare il patrimonio, in particolare quello regionale, con 868 milioni in più, un piano per i musei e per rilanciare le collezioni locali; preservare gli spettacoli dal vivo, mantenendo lo stanziamento del 2010 (663 milioni) e dando aiuto, anche attraverso gruppi di esperti, alle compagnie di artisti; ultimare il centro-archivi di Pierrefitte, entro il 2012; restaurare il Museo Picasso e il quadrilatero Richelieu, riservare il Palais de Tokyo all’arte contemporanea; lanciare la Maison de l’histoire de France. E costruire a Marsiglia, capitale europea della cultura, il Museo delle Civiltà d’Europa e del Mediterraneo. Da sempre attento alla creazione delle élite e alle scuole di eccellenza, lo stato francese ha aumentato del 3 per cento i fondi per le scuole d’arte e di architettura e ha stanziato nuovi fondi per il così detto asse prioritario della “cultura per tutti” che prevede un piano lettura, un piano rurale e la culturalizzazione del pubblico lontano dalle arti e dalle lettere. Altri fondi ad hoc, circa 131 milioni, sono destinati al passaggio alla tv digitale, con gare particolari per progetti innovativi. Lo stato non dimentica poi la stampa, stanziando lo 0,7 per cento in più di contributi, pari a 420,5 milioni, con garanzie sui contratti. E anche la tv gode di un incremento del 3,4 per cento, con 2,5 miliardi complessivi.

Sul fronte dei privati, sono previste detrazioni per i proprietari che restaurano edifici storici, riduzione dell’Iva su biglietti di ingresso e prodotti commerciali. Dal 2003 si può detrarre fino al 60 per cento l’imposta sul reddito d’impresa e fino al 66 su quello dei privati per investimenti in cultura, e fino al 90 per cento se si fanno acquisti per musei. Secondo un’inchiesta Admical Csa, il bilancio complessivo del mecenatismo francese ammonta a 2 miliardi, in calo del 20 per cento, mentre le imprese donatrici, in tutto 35 mila, sarebbero aumentate del 27 per cento.

di Marina Valensise
http://www.ilfoglio.it/soloqui/6486

VIVA ZAPATERO!!


Il governo spagnolo è impegnato a tagliare severamente le spese per far fronte alla persistente crisi che colpisce il paese. Ma nel settore culturale José Luis Rodríguez Zapatero ha deciso di usare le forbici con la punta arrotondata. Il ministro della Cultura, Ángeles Gonzáles-Sinde, si è detta parzialmente soddisfatta perché nella Finanziaria 2011 il suo dicastero può contare su 789,3 milioni di euro, contro i 917 del budget 2010. Una limatura importante, ma, come ha sottolineato il ministro, decisamente inferiore a quella media patita dai suoi colleghi; cosicché, se nell’anno in corso il ministero della Cultura ha gestito lo 0,4 per cento del budget totale, per il 2011 la sua fetta è pari allo 0,5 per cento.

Gonzáles-Sinde ha assicurato che il governo investe strategicamente sulle attività patrocinate dal suo dicastero, perché “lo stimolo alle industrie culturali è cruciale per l’uscita dalla crisi se si tiene conto che la cultura fornisce il 4 per cento del pil spagnolo e dà lavoro a più di 800 mila persone”. Tolte le spese di gestione del ministero, i fondi più consistenti sono così ripartiti: 161,9 milioni vanno all’Instituto nacional de las Artes escénicas y de la Música, 106,5 all’Instituto de la Cinematografía y de las Artes audiovisuales, 90,3 alla Direzione delle infrastrutture, 49,6 al museo Reina Sofia, 43,9 al Prado, 42,8 alla Biblioteca nazionale. Nonostante la pretesa attenzione del governo per i fondi destinati alla cultura, molti, specie nell’opposizione, sono preoccupati perché i quattrini per la conservazione e la restaurazione dei beni culturali sono calati del 41,9 per cento rispetto al 2009 e quelli per la protezione del patrimonio storico-artistico spagnolo (che è il secondo nel mondo, dopo quello italiano) si sono ridotti del 29,1 per cento in due anni. Questo crollo si spiega così: alla conservazione e alla protezione del patrimonio è destinato per legge l’1 per cento degli stanziamenti per le nuove opere pubbliche (e arriva quindi dalle casse del ministero dello Sviluppo). Ma la crisi economica ha pressoché paralizzato il settore edilizio sia privato sia pubblico, e di conseguenza è diminuito drasticamente il peso assoluto di quell’1 per cento destinato al patrimonio artistico-culturale.

Nel frattempo,
l’opposizione propone di battere altre e più innovative strade, sempre allo scopo di incrementare, e non defalcare, l’apporto al settore culturale. Il leader popolare, Mariano Rajoy, propone infatti di eliminare il ministero della Cultura, accorpandolo a quello dell’Educazione, ma ha promesso di promuovere una nuova legge sul mecenatismo che, attraverso più robusti sgravi fiscali sull’esempio francese, renda più appetibile l’investimento in attività culturali da parte del settore privato. A proposito della ripartizione delle sovvenzioni pubbliche, l’opposizione ha invece spesso polemizzato sulla fetta di fondi destinati al cinema, che sarebbe eccessiva a fronte del calo di incassi delle pellicole spagnole. Secondo il Pp tanta generosità sarebbe dovuta al fatto che il mondo dei cinematografari, gravitante intorno al polo costituito da Pedro Almodóvar e dalla famiglia Bardem, riceva un premio per la sua vicinanza ideologica ai socialisti.

Un capitolo a parte riguarda le Comunità autonome
(cioè le regioni) che a loro volta sovvenzionano localmente l’industria culturale. Un ruolo particolare hanno la Catalogna, i paesi baschi e, in misura minore, la Galizia, che destinano fondi pubblici consistenti soprattutto a quelle attività culturali che prevedano la promozione delle lingue locali: catalano, euskara e galiziano. I governi regionali di ogni colore largheggiano di spese anche per le televisioni pubbliche locali, che sono spesso manovrate politicamente a vantaggio del partito in carica nella Comunità autonoma. Si tratta di emittenti molto costose e provviste di strutture ipertrofiche in rapporto con la loro audience potenziale (e reale) circoscritta: basti pensare che Tv3, emittente di ambito esclusivamente catalano, ha circa 2,700 dipendenti a fronte dei circa 700 che lavorano per il grande canale privato nazionale Telecinco.

di Guido De Franceschi
http://www.ilfoglio.it/soloqui/6489

sabato 16 ottobre 2010

Per la cultura si può spendere, il ministro tedesco lo dirà a Bondi


Per il 2011 confermati 1,5 miliardi federali. Più 11 miliardi dai Lander La storia frammentata diventa risorsa Banche e sponsor privati Milano. Chissà se oggi, durante l`incontro con il suo omologo Sandro Bondi a Roma, il responsabile per la cultura e i media (Bkm), Bernd Neumann, ripeterà la frase pronunciata un mese fa al Bundestag. In quell`occasione Neumann disse: "La bozza di bilancio 2011 riafferma una volta ancora che le spese per la cultura non sono sovvenzioni, ma investimenti per il futuro della nostra società". Tant`è che nonostante i tagli imposti dal ministro delle Finanze, WWolfgang Schàuble, la cultura è stata risparmiata.

Anche per il 2011 avrà 1,5 miliardi di euro.

Una cifra considerevole, pur costituendo solo il 12 per cento della spesa totale del paese per la cultu- - Ilra.

Il restante 88 per cento, 11 miliardi, come vuole la costituzione federale, è di competenza di Lander e comuni. "Sono loro i veri pilastri della promozione culturale in Germania", spiega al Foglio Georg Knopp, direttore generale dei Goethe Institute. "Un paese che diversamente dalla Francia, centralizzata su Parigi, ha teatri lirici e orchestre ovunque.

Un`eredità importante che dobbiamo ai principati di un tempo. L`ex teatro di corte del Principato di Sachsen Meiningen in Turingia ne è un esempio perfetto".

Per quanto colpite dalla crisi, Neumann esortava regioni e città a non falciare proprio questo settore: "Perché, a conti fatti, non saranno i nostri tagli a risanare i conti.

La spesa di Lander e comuni per la cultura è pari all`1,9 per cento dei loro bilanci, mentre il contributo del governo federale è dell`1 per cento sul totale della spesa pubblica". E poi non va dimenticato che il paese deve molto della sua immagine nel mondo ai suoi centocinquanta teatri, alle centoventi grandi orchestre, alle migliaia di musei, gallerie, luoghi espositivi. Tant`è che dalla sua nomina, nel 2005, Neumann è riuscito a farsi aumentare il budget dei 7,8 per cento. Fondi con i quali finanzia strutture, eventi, istituzioni di importanza nazionale: la fondazione Preullischer Kulturbesitz (l`amministrazione del patrimonio artistico e culturale prussiano), la biblioteca nazionale, i grandi musei quali il Pergamon, il Bode, la Gemaldegalerie di Berlino, la Alte Pinakothek di Monaco, il Festival di Bayreuth e quello del cinema di Berlino. A questi si aggiungono istituzioni o eventi che vengono cofinanziati da Bund e regione o più regioni: per esempio il nuovo Museo della letteratura moderna a Marbach e il Fondo perla letteratura. "Il governo ha lanciato un segnale molto importante perché a tenere insieme una società è la cultura e in tempi di crisi c`è ancora più richiesta" ribadisce Knopp, Dal sito del governo federale si può scaricare il consuntivo spese 2010 del Bkm (pari a 1,150 miliardi di euro). Alcune voci che saltano all`occhio: per esempio, dopo i 272,8 milioni per le fondazioni, una delle voci più importanti è il cinema: 91,2 milioni, ai quali si aggiungono 4 milioni di euro per la digitalizzazione delle sale cinematografiche di provincia, evitandone così la chiusura.

Altra voce significativa è "consapevolezza storica": a enti e musei che si occupano della storia più recente sono andati 52 milioni, Fondi per far studiare gli artisti in Italia Qualcosa della spesa culturale tedesca arriva peraltro anche in Italia. Dei 3,5 milioni di euro del sostegno agli artisti (soggiorni studio all`estero) ben 2,4 milioni sono andati quest`anno a Villa Massimo a Roma, 335 mila euro a Villa Tarabya a Istanbul, mentre il restante al Centro studi di Venezia e a Villa Romana a Firenze. Se Neumann ha vinto a livello federale, a livello regionale e comunale non tutti possono invece cantare vittoria. Ad Amburgo, per esempio, per far quadrare i conti è stato imposto un taglio del 2 per cento anche alla cultura. Anche gli sponsor privati in Germania si mostrano generosi. "La Deutsche Bank, devolve qualcosa come 90 milioni di euro per eventi culturali" dice Knopp.

"Anche Bosch, Siemens, Fondazione Mercator, Bmw per citarne solo alcuni, sono molto attivi e lo sono soprattutto nel finanziare i giovani artisti piuttosto che grandi eventi". Diversamente che nelle questioni politiche ed economiche, i rapporti tra Bund e Lander, nel settore culturale, raramente conoscono scontri. "Il sistema federale favorisce indubbiamente una maggiore e specifica conoscenza del patrimonio culturale" conclude Knopp, "A volte però più centralizzazione non guasterebbe per ottimizzare le risorse". Lo scriveva anche la Taz qualche mese fa, quando si chiedeva se i complessivi 300 milioni che da Bund e Lander confluiscono annualmente nel fondo per il cinema, arrivino poi veramente a giusta destinazione. Chi spera in un contributo, può rivolgersi, infatti, a tre interlocutori federali e venti regionali.

venerdì 15 ottobre 2010

Petruzzelli, la giornataccia di Schittulli e Altieri


BARI- Più che una giornata istituzionale è sembrata quella di Mister Bean. Neanche Barack Obama convoca nella stessa giornata due conferenze stampa sullo stesso argomento e non si trattava certo di dover discutere se sciogliere l’embargo a Cuba. Ma questo è accaduto oggi alla Provincia di Bari. Alle ore 12.00 era stato convocato il Cda della Fondazione Petruzzelli. Alle ore 12.00, in contemporanea (!), il Presidente Schittulli convoca una conferenza stampa ad horas. E nel corso della conferenza stampa viene comunicato un errore madornale.

Schittulli aveva firmato una delega con la quale legittimava il suo Vice, Nuccio Altieri, ad entrare nel Cda della Fondazione, ovviamente, e qui casca l’asino , in qualità di vicepresidente.

La nostra giornalista fa notare a Schittulli che tra delega e nomina c’è un abisso giuridico, e che lui non poteva delegare Altieri come vicepresidente ma al massimo nominarlo come semplice consigliere del Cda. Volti paonazzi si guardano basiti, vengono chieste fotocopie e si farfugliano parole a casaccio.

Termina questa incredibile conferenza stampa e Schittulli e Altieri raggiungono la sede della Fondazione in via Putignani. Nel frattempo qui si era regolarmente svolto il Cda composto da Michele Emiliano, Silvia Godelli, Onofrio Sisto e Luigi Farace ( assente Carrieri arrivato con grande ritardo) che all’unanimità aveva nominato Onofrio Sisto nuovamente alla vicepresidenza della Fondazione.

Schittulli capisce che l’errore è stato fatale: hanno avuto mesi per studiarsi le carte e invece hanno commesso un errore madornale, quello appunto di ritenere che lui potesse delegare Altieri al suo posto. A quel punto Schittulli cerca di salvare capra e cavoli compiendo un gesto disperato: prende sottobraccio Onofrio Sisto pregandolo di rinunciare alla nomina.

Sisto lo guarda come se fosse un alieno e pare che gli abbia detto “ per te avrei fatto un passo indietro ma per Altieri te lo puoi scordare”.

Il Presidente Schittulli capisce che la frittata è fatta. Convoca a macchia di leopardo ( i comunicati stampa non hanno raggiunto tutte le redazioni ma solo una parte di esse) un’altra conferenza stampa nel palazzo di via Spalato alle 17.00.

Il Presidente provinciale ammette che grazie alla domanda della nostra giornalista,rivolta nella conferenza stampa precedente, avevano capito l’errore. Un errore cercato di risolvere cambiando la delega in nomina. Ma era già troppo tardi, il Cda aveva nominato Sisto.

Alla fine di questa giornata da cartone animato, Schittulli conclude l’incontro con la stampa dicendo che scriverà ad Emiliano per chiedergli di ritirare la nomina di Sisto ma, dagli ambienti vicini, al sindaco apprendiamo che il sindaco ha già detto “ niet”.

La Provincia minaccia di non entrare nella Fondazione? Dal Comune fanno spallucce. Intanto, gole profonde di Palazzo di Città, ci dicono che stamattina, ancora prima della conferenza stampa, Nuccio Altieri aveva chiamato tutti i consiglieri di minoranza dichiarando che lui era il nuovo vicepresidente della Fondazione Petruzzelli. Diteci voi se questa non è stata una giornata da mister Bean.

http://www.liradeltacco.it

mercoledì 13 ottobre 2010

Se Tremonti taglia, sarà l’ultima stagione scaligera


Le cifre di un disastro annunciato, non solo per enti lirici e cinema

La prossima inaugurazione della stagione della Scala, il 7 dicembre, potrebbe essere l’ultima, se saranno confermati i tagli al ministero per i Beni e le attività culturali programmati da Giulio Tremonti e duramente contestati da Sandro Bondi. Se, cioè, il Fondo unico per lo spettacolo – al quale attingono anche gli enti lirici, che pure sono stati oggetto di una combattuta riforma per contenerne i costi – vedrà crollare del 34 per cento il proprio budget, dai circa 402 milioni di euro del 2010 ai 262 del 2011, insufficienti anche per pagare gli stipendi dei dipendenti. Per tentare di scongiurare questo e altri effetti della mannaia tremontiana, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, sta organizzando per la prossima settimana, quando Berlusconi tornerà a Roma, un incontro con i due ministri ormai apertamente duellanti su quello che rischia di diventare il cadavere della cultura italiana.

Il rischio non è remoto. Dal 2008 al 2013 sono stati programmati tagli per un miliardo e 715 milioni di euro (compresi i tagli al Fus) su un totale di circa tre miliardi. Della cifra rimanente, si calcola che circa un miliardo se ne vada in stipendi e in ordinaria gestione (Ici, bollette). Rimane una dotazione del tutto insufficiente a finanziare cinema, teatro, danza, enti lirici, fondazioni, patrimonio archeologico, istituti culturali. Sta inoltre andando a scadenza per inerzia il provvedimento con cui erano stati introdotti, all’epoca di Rutelli ministro, sgravi fiscali per chi produceva film in Italia, con detassazione di una parte degli utili reinvestiti (è il sistema usato in America). Il triennio sperimentale della norma scade a fine anno, e nonostante i buoni frutti (investimento di capitali esteri in produzioni cinematografiche per 49 milioni di euro) non c’è nessun segnale di volerla confermare. E pazienza se la defiscalizzazione degli investimenti è il primo, essenziale passo per attirare i privati e sollevare lo stato.

Non è esagerato, quindi, come fa il ministro Bondi, parlare di condanna a morte del comparto culturale italiano se prevarrà la linea tremontiana del “non è che la gente la cultura se la mangia” (ma il ministro fa sapere al Foglio che non ha mai detto quella cosa). Si può decidere che in Italia non si restaurerà più il palazzo storico che crolla, ma tagliare i fondi a un ente sinfonico significa chiuderlo. Con le cifre a disposizione “l’effetto sarà una valanga di fallimenti”, dicono al Collegio Romano, e sottolineano che altrove (in Francia, in Germania, addirittura in Grecia) tutto è stato tagliato ma i fondi per la cultura no, perché lo sviluppo economico passa anche da lì. E se il mondo dello spettacolo riesce a rendere visibile il malcontento, c’è un altro settore in sofferenza. Quello di decine di piccole e spesso illustri fondazioni culturali, che lo stato finanzia con modesti contributi, destinati a scomparire, con la conseguente chiusura di queste istituzioni. Il criterio del taglio “egualitario” del 35 per cento del budget di ogni ministero è per lo meno dubbio. Un conto è rimandare la Livorno-Cecina, dicono al Mibac, un conto è condannare a morte il sistema culturale “per non voler confermare il budget del 2009, già decurtato del 20 per cento rispetto al 2001. Il costo totale per far vivere 262 istituti culturali è di venti milioni di euro l’anno”. I produttori di mozzarella veneti hanno ottenuto cinquanta milioni grazie a un comma voluto da Luca Zaia.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/6443

lunedì 11 ottobre 2010

Tremonti riconosca il valore inestimabile della cultura italiana


di LUCA BARBARESCHI

L’appello quasi disperato del ministro Sandro Bondi non deve rimanere inascoltato, coinvolge tutti noi in una responsabilità collettiva per la salvaguardia e promozione del nostro patrimonio culturale. Il resoconto del Consiglio dei ministri di ieri è allucinante per chi ha cuore la vera ricchezza del Paese, la nostra storia e la nostra cultura, con tutte le espressioni dell’arte, dal teatro all’archeologia, dall’arte figurativa alla lirica, passando per il paesaggio, bene immateriale e unico del nostro patrimonio.
Come si fa a trovare i soldi per pagare le multe per le quote latte, dunque per assecondare una malversazione conclamata, e non per la salvezza del Teatro Carlo Felice, o per la riorganizzazione di Pompei e la salvezza della Biblioteca Nazionale di Firenze?
È vero che tagli e risparmi si effettuano in tutta Europa, ma certamente non in questi settori, così come gli altri paesi investono in formazione e ricerca, oltre che nella promozione del proprio patrimonio. Il nostro riferimento dovrebbe essere la Francia oppure la Spagna, paesi dove la cultura ha un ruolo determinante nello sviluppo del turismo e nella promozione del rilancio dopo la crisi. Negli ultimi anni appaiono sempre più chiari e netti i nessi stretti che legano cultura ed economia nelle società industriali avanzate. Il patrimonio culturale è un volano per l’economia e una missione per il Paese, non un ostacolo per il profitto; troppo spesso in passato si è ritenuto che cultura e creatività fossero all’ultimo posto per quanto riguarda il loro apporto a livello di crescita economica e di occupazione. Insomma, costi molti e ricavi pochi. La verità è che questa concezione è grossolanamente inesatta, come rilevato da importanti studi europei quale ad esempio The Economy of Culture. Il comparto dello spettacolo da questo punto di vista è esemplificativo, Infatti anche solo da un punto di vista occupazionale, il comparto cultura e creatività batte alla grande per tasso di crescita il resto dell’economia europea. A ciò si aggiunge il fattore di coesione che la cultura offre, promuovendo l’integrazione sovranazionale. Ed ecco quindi che quella che si supponeva essere la Cenerentola di lusso dell’economia – la Cultura – diventa una principessa, presentando un autoritratto economico di ragguardevole interesse.

L’idea del coinvolgimento di nuovo attori nella gestione del patrimonio è senza dubbio interessante, ma di per sé non è sufficiente. L’altro ieri Vincenzo Manes sul Corriere della Sera ha disegnato un interessante scenario di governance per il coinvolgimento di nuove risorse economiche e per il rapporto pubblico/privato nella gestione dei Beni Culturali, ma senza una precisa volontà politica di indirizzo e senza conseguenti nomine ai posti di responsabilità – nei teatri, nelle soprintendenze, nei ruoli chiave del Ministero – di profili alti e di competenza provate e certificate, non si arriva da nessuna parte.

Dobbiamo renderci conto che il nostro patrimonio culturale si articola in attività non industriali e attività industriali, dove fra le prime si includono tutti i contributi artistici puri – pittura, scultura, musica, teatro, musei e patrimoni artistici, per citarne solo alcuni – e fra le seconde i prodotti culturali per la riproduzione di massa: film, televisione, libri e musica, webtv, prodotti multimediali. Senza inoltre dimenticare il settore creativo del nostro patrimonio, che è invece quello che offre input e ispirazione per la produzione di prodotti culturali non nel senso tradizionale del termine, quali la moda, il design, l’architettura.

La nostra sfida deve essere quella di far diventare il nostro patrimonio, lo spettacolo e la cultura, temi prioritari nell’agenda del nostro Paese. L’idea potrebbe essere quella di indire gli Stati generali dei beni culturali, una proposta trasversale e bipartisan che possa arrivare a disegnare un futuro per il nostro patrimonio, minacciato da una situazione che non è mai stata tanto allarmante.


sabato 9 ottobre 2010

CHIAMALI "BASSI" !!



Le arti, in ogni loro forma, hanno sempre conosciuto grande vigore nei Paesi Bassi, una nazione particolarmente orgogliosa dei propri prestigiosi musei e dell'imponente varietà di musica classica e innovativa e delle opere teatrali che appronta ogni stagione. Il paese ospita ogni anno anche dei festival delle arti nel corso dei quali vengono presentate produzioni a carattere sia locale sia internazionale.

Dal momento che la libertà espressiva costituisce una delle pietre angolari della democrazia olandese, il governo si impegna promuovere l'indipendenza e la diversità dei media, dalla stampa alla radio e alla televisione.

Nei Paesi Bassi ci sono quasi 1000 musei, un numero maggiore pro capite rispetto a qualsiasi altro paese del mondo. Lo stato offre il proprio sostegno a quei musei le cui attività assolvono interessi nazionali. Si sta ora cercando di armonizzare le singole collezioni all'interno di un'unica "Collezione olandese" con il minor numero possibile di duplicazioni. Tra i musei di maggior fama ricordiamo il Rijksmuseum (o Museo Reale) e il Vincent van Gogh Museum ad Amsterdam, il Museum Boijmans Van Beuningen a Rotterdam, il Mauritshuis all'Aia, e il Het Loo Palace ad Apeldoorn. Allo Stedelijk Museum di Amsterdam, al Kröller-Müller Museum di Otterlo, al Bonnefanten Museum di Maastricht e al Van Abbemuseum di Eindhoven è possibile ammirare prestigiose collezioni di arte moderna e contemporanea. La condizione del paese quale centro di cultura è sottolineata da eventi speciali come la Rembrandt Exhibition del 1999 e la mostra sull'Età Aurea nel 2000.

I Paesi Bassi dispongono di numerose orchestre dislocate in varie città. La più celebre è la Royal Concertgebouw Orchestra di Amsterdam, che spesso si esibisce all'estero. L'Orchestra del Diciottesimo Secolo, l'Orchestra Barocca di Amsterdam e la Schönberg Ensemble sono tutte orchestre famose seppure di dimensioni minori. L'opera gode di grande successo nei Paesi Bassi, e la Nederlandse Opera di Amsterdam ha acquisito fama internazionale. Ogni anno presenta una media di dieci produzioni, la maggior parte delle quali viene eseguita ad Amsterdam. L'opera contemporanea gioca un ruolo importante nel repertorio della compagnia.

L'Holland Festival, il festival internazionale olandese che presenta un'ampia programmazione musicale internazionale e performing arts d'avanguardia, gode di fama mondiale. Il festival, che si svolge ad Amsterdam ogni anno durante il mese di giugno, nel 1997 ha festeggiato il cinquantesimo anniversario. Il Festival di Musica Antica, una manifestazione che si tiene ogni anno a Utrecht, presenta musica medievale e barocca eseguita da musicisti e ensemble di fama mondiale provenienti da ogni paese. Anche la musica jazz e la musica di improvvisazione attirano numerosi spettatori. Il North Sea Jazz Festival, che si tiene ogni anno d'estate a L'Aia, è il festival jazz più importante e più famoso d'Europa. Parimenti rappresentata è la musica pop con festival che vengono organizzati durante tutto il corso dell'anno nei Paesi Bassi, dal Pinkpop, al Parkpop al Dynamo Open Air, per citare solo i più noti.

I Paesi Bassi sono leader a livello mondiale per la danza moderna. Famose in tutto il mondo sono le produzioni del Nederlands Dans Theater (NDT) dell'Aia, sotto la direzione artistica di Jirí Kylian. Vi sono anche numerose altre compagnie minori di danza moderna tra cui una delle più note è la Introdans. Lo Scapino Ballet di Rotterdam, che inizialmente attirava un pubblico giovane, negli ultimi anni ha elaborato un vasto repertorio di danza contemporanea. Het Nationale Ballet di Amsterdam esegue per lo più balletti classici, ma presenta anche un repertorio di lavori del XX secolo con coreografi del calibro di Van Dantzig, Van Maanen, Van Schayk e dell'Americano Balanchine. Il Festival di Danza Olandese che si tiene a L'Aia ogni due anni presenta alcune delle migliori produzioni del mondo in fatto di danza. Lo Springdance Festival a Utrecht e il Cadance Festival a L'Aia, che si tengono ogni anno, sono una vetrina per le più recenti tendenze della danza moderna.

I Paesi Bassi vantano numerose compagnie teatrali, alcune con repertorio tradizionale altre, più piccole, che mirano a sviluppare nuove forme di teatro, spesso unendo musica, mimo e le tecniche dei nuovi media. De Dogtroep, una delle compagnie più acclamate di questo tipo, presenta di frequente grandi produzioni all'estero. Ogni anno, in occasione di un festival teatrale che si tiene ad Amsterdam e nella città belga di Anversa, vengono presentati i maggiori successi della stagione teatrale olandese e fiamminga. I musical olandesi, una nuova tendenza questa dei Paesi Bassi, hanno di recente conosciuto grandissima fama. Produzioni quali Joe e Chicago hanno sempre riscontrato un grande successo di pubblico. L'Istituto Olandese per il Teatro (Theater Instituut Nederland) contribuisce alla promozione delle performing arts e opera quale centro di informazioni.

Le biblioteche pubbliche sono molto apprezzate particolarmente tra i giovani. L'iscrizione è gratuita per i giovani al di sotto dei 16 anni, e circa il 60% di quanti si trovano in questa fascia di età è associato a una biblioteca. Si stima che le biblioteche pubbliche possiedano complessivamente oltre 40 milioni di libri. La maggior parte dei comuni - per un totale di circa 1100 - dispone di una propria biblioteca pubblica. Le comunità minori sono servite dalle circa 100 biblioteche mobili. Insieme le biblioteche pubbliche e i servizi mobili servono 4 milioni di utenti registrati. Tutte le biblioteche sono collegate ad Internet, esiste inoltre una biblioteca pubblica virtuale nazionale: www.bibliotheek.nl. Le biblioteche pubbliche ricevono la maggior parte dei propri finanziamenti da autorità locali e provinciali. Gli autori e gli editori ricevono dei diritti sui libri dati in prestito. Nelle biblioteche pubbliche si possono trovare anche cassette musicali, compact disc, film e video. Sono disponibili inoltre registrazioni audio di libri, pubblicazioni in braille e in formato elettronico per i videolesi. Ci sono numerose biblioteche specializzate per ciechi, a cui sono associate oltre 40.000 persone.

Biblioteche universitarie

La Biblioteca Reale a L'Aia, che è stata fondata nel 1798, è la biblioteca nazionale dei Paesi Bassi. Si tratta di una biblioteca universitaria che contiene oltre tre milioni di volumi. La collezione delle pubblicazioni olandesi è una parte importante della biblioteca che mira a raccogliere almeno una copia di ciascuna pubblicazione edita nei Paesi Bassi. La pubblicazione del Catalogo Generale dei Libri Brinkman, la bibliografia nazionale, avviene su questa base.

Ci sono biblioteche universitarie, la maggior parte delle quali collegate ad atenei, a disposizione di studenti e ricercatori. La più importante è la Biblioteca Universitaria di Amsterdam, con i oltre 3 milioni e mezzo di volumi. Tra le più antiche biblioteche universitarie ci sono invece quella di Leda (fondata nel 1575), quella di Groninga (1614) e quella di Utrecht (1636) oltre alla biblioteca comunale di Deventer (1560). Quasi tutte le biblioteche universitarie ricevono sussidi dal Ministero della Pubblica Istruzione, della Cultura e delle Scienze.


La Legge sui Media prevede espressamente che gli enti preposti alla diffusione possano decidere sulla forma e sui contenuti dei programmi. Allo stato va la responsabilità di creare le condizioni che pongono detti enti in grado di svolgere il ruolo fondamentale che consiste nel tenere informato ciascun settore del pubblico. La politica sui Media si propone di consentire al più gran numero possibile di cittadini di avvalersi di un'offerta mediatica indipendente, varia e di alto livello qualitativo.

In Olanda le pubblicazioni in forma stampata comprendono quotidiani, periodici e riviste. I principali quotidiani sono De Telegraaf, l'Algemeen Dagblad, De Volkskrant e l'NRC/Handelsblad. Ci sono anche numerosi quotidiani regionali. Le riviste possono essere suddivise in periodici di notizie, riviste a carattere generale, guide radio e TV e riviste che trattano interessi specifici. Le riviste di notizie più lette sono il Vrij Nederland, l'HP/De Tijd e l'Elsevier, che vantano tutte una certa influenza sull'opinione pubblica nonostante il numero limitato di copie in circolazione.

Il sistema di diffusione delle trasmissioni dei Paesi Bassi risale agli anni Venti. I programmi sono forniti da otto associazioni preposte alla diffusione, ciascuna delle quali propone un punto di vista religioso, ideologico o culturale specifico. La Fondazione per i programmi olandesi (Nederlandse Programma Stichting - NPS) non conta alcun membro e ha per legge il compito di integrare i programmi delle altre associazioni preposte alla diffusione. Tale integrazione riguarda soprattutto la programmazione culturale e le trasmissioni dirette alle minoranze etniche. Vi sono infine altre quattro organizzazioni autorizzate a trasmettere programmi in determinate fasce orarie: le chiese e le organizzazioni religiose, le associazioni addette alla diffusione di programmi educativi, i partiti politici e gli enti pubblici (Postbus 51). L'Ente Olandese per le Trasmissioni (Nederlandse Omroep Stichting - NOS) è l'organizzazione madre delle emittenti pubbliche. I suoi compiti principali consistono nel coordinamento e nella direzione della programmazione e nella tutela degli interessi comuni delle emittenti pubbliche. L'NOS produce inoltre una parte considerevole delle infrastrutture per la produzione di programmi di notizie e di informazione e di programmi sportivi. Il sistema delle trasmissioni pubbliche è finanziato da un contributo indicizzato per le emittenti del regno (ricavato dai proventi fiscali) e dalle entrate degli spot pubblicitari, prodotti dalla Fondazione per la pubblicità radiofonica e televisiva (Stichting Ether Reclame - STER). Gli spot vengono diffusi tra un programma e l'altro mentre sui canali pubblici è vietata la pubblicità nel corso dei programmi stessi.

I Paesi Bassi hanno tre canali nazionali e cinque stazioni radio. La TV commerciale risale al 1992. In pratica tutte le case olandesi sono collegate alla TV via cavo, che propone numerosi programmi di TV commerciale e pubblica sia olandese sia straniera. Radio Nederland Wereldomroep (RNW) è una stazione indipendente che trasmette programmi radio e TV in tutto il mondo per gli olandesi che vivono all'estero e per gli stranieri che hanno un interesse per i Paesi Bassi e la cultura olandese. I programmi radio, che presentano informazioni e attualità, notizie sportive e previsioni del tempo, vengono diffusi in sette lingue in onde corte, medie, su lunghezze locali FM e via satellite. La RNW, con il nome di BVN/TV, produce programmi televisivi in lingua olandese. La BVN/TV - una collaborazione tra l'Ente Olandese per le Trasmissioni (NOS), la RNW e l'Emittente radiofonica e televisiva fiamminga (Vlaamse Radio- en Televisieomroep - VRT) - trasmette anche un'ampia gamma di programmi televisivi in lingua olandese tra cui programmi di notizie e di informazione, film per la TV e programmi di intrattenimento. La programmazione consiste in un insieme di programmi provenienti dall'offerta televisiva delle emittenti olandesi, fiamminghe e regionali.

sabato 2 ottobre 2010





UNA PROTESTA AD OPERA D'ARTE


Da due anni a questa parte fare concerti in Italia è un'impresa sempre più complessa. Cancellazioni dell'ultimo minuto, continue riduzioni di budget nei festivals e ritardi infiniti nei pagamenti sono all'ordine del giorno in nome di una crisi che, colpisce tutti, ma che solo in Italia colpisce così duramente il mondo dello spettacolo.

L'ironia dell'abito e la dignità dei volti sono una silenziosa protesta che cerca di rispondere con l'arte a chi cerca di soffocare la nostra arte.

Nicola Dal Maso





http://www.ribaltalucestudio.it/mim/