sabato 26 febbraio 2011

Il Milleproroghe salva la Scala e l’Arena di Verona. Ma non la Fenice di Venezia



Il governo stacca due assegni da tre milioni di euro ai due teatri. Non un euro per l'ente lirico veneziano. Il motivo? La città è amministrata dal centrosinistra

Questione di colore. Senza nessuna logica apparente, il governo, attraverso il decreto Milleproroghe, ha staccato un assegno da tre milioni di euro all’Arena di Verona e altrettanti alla Scala di Milano. Soldi arrivati grazie a equilibri politici. Verona, marchiata Lega Nord, e Milano saldamente in mano al Pdl. Così le fondazioni della lirica guidate dai rispettivi sindaci, Flavio Tosi e Letizia Moratti, portano a casa i soldi che sono stati negati a tutti gli altri teatri italiani.

Ne avrebbe avuto meno diritto la Fenice di Venezia? No, probabilmente. Ma Venezia ha scelto Giorgio Orsoni e la sinistra. Quanto basta per essere esclusa. Lo ammette candidamente Paola Goisis, deputata padovana e responsabile cultura del Carroccio: “L’accordo l’ha portato avanti la Lega. Dunque a noi la scelta. E siccome abbiamo più voti a Verona abbiamo scelto di escludere Venezia”.

La decisione che ha mandato il capoluogo veneto su tutte le furie. La città e la Fenice sono due simboli della cultura, ma la richiesta di essere inseriti nel Milleproroghe non è stata neanche presa in considerazione. L’epilogo? Il caos: Orsoni che se la prende col ministro Renato Brunetta, colpevole di “disinteressarsi della sua città”, Brunetta che replica al sindaco “incapace di tenere sotto controllo i conti della Fenice” e Tosi che sorpassa tutti e propone per Verona una tassa sul turismo che andrebbe a finanziare ulteriormente l’Arena inimicandosi albergatori e Confommercio.

Ma andiamo con ordine. Il primo grido d’allarme era stato proprio Tosi a lanciarlo. Perdere l’Arena e la stagione lirica avrebbe voluto dire segnare inesorabilmente il suo mandato. Così si era messo a girare per le stanze ministeriali della “Roma ladrona” in cerca di quei soldi negati al Fondo unico per lo Spettacolo. Prima un tentativo con Giulio Tremonti, andato inesorabilmente a vuoto, poi la richiesta d’intervento del “mediatore” Roberto Calderoli, infine la minaccia di guidare una crociata contro i vertici del Carroccio se non avessero costretto il governo e l’amico Giulio a mettere mano al portafogli. Quando Tosi l’ha messa sulle dure Roma ha ceduto. Ok a tre milioni una tantum, purché lo stesso trattamento venisse riservato alla Scala che, nel consiglio d’amministrazione, annovera personaggi più influenti e vicini a Berlusconi, tipo Bruno Ermolli, giusto per fare un nome.

La notizia ha fatto venire un attacco di bile a Orsoni, presidente della fondazione lirica della Fenice e sindaco di Venezia. “Quando serve, Venezia è il palcoscenico mondiale, tutti ne parlano riempiendosi la bocca – ha denunciato dalle colonne del Corriere della Sera – poi, al momento buono, la Fenice resta all’asciutto; mentre l’Arena, retta da Flavio Tosi, sindaco leghista, si prende i quattrini. La prossima volta, Bossi non venga in laguna a festeggiare la Padania, vada piuttosto a Verona. L’Arena è vero, è un’istituzione conosciuta nel mondo, soprattutto per l’impatto popolare e per la scenografia. Se, però, parliamo di qualità dell’opera lirica, si trova a mille miglia di distanza dalla Fenice. Che, tra l’altro, nulla ha da invidiare alla Scala di Milano”. Poi il bersaglio principale, il ministro Brunetta. “In campagna elettorale ha promesso mari e monti, poi non ha fatto niente per la sua città”.

Brunetta, da parte sua, ha risposto per le rime: “Avesse tenuto i conti in ordine non saremmo a questo punto. Poi il sindaco è male informato: i suoi colleghi di partito sapevano che, viste le condizioni in cui si trova la fondazione che presiede, non avrebbe avuto diritto a nessun finanziamento”.

Polemica finita? Il sindaco di Verona ha detto sì alla tassa di soggiorno, sulle orme di quanto fatto a Roma, con l’idea di girare i ricavi all’Arena. Ma ha trovato subito il niet del presidente degli albergatori di Confindustria della sua città, Gianni Zenatello. “Improponibile chiedere ai turisti di pagare prezzi maggiorati, a Verona si arriva per piacere, non è una tappa obbligata come Roma. Gli unici a rimetterci sarebbe gli albergatori”. Tosi però non si è scoraggiato e ha promesso di calibrare la cifra a seconda della struttura ricettiva: pochi centesimi per un bed & breakfast, 5 euro per gli hotel di lusso. In questo modo non sarebbe penalizzato nessuno, dice lui. Immediatamente smentito dalle associazioni di categoria che, conti alla mano, hanno spiegato al sindaco che la sua operazione metterebbe in ginocchio gli albergatori, alla fine del ciclo gli unici veri tartassati.

Per ora il capitolo si chiude. Verona e Milano in qualche modo pareggeranno i conti. La Fenice vedrà un tabellone ridotto e il serio rischio di chiudere per mancanza di soldi. Ma soprattutto perché governano Pdl e Lega e hanno trovato un modo, tutto loro, per far capire alle città del centrosinistra che conviene cambiare opinione.

http://www.ilfattoquotidiano.it

mercoledì 23 febbraio 2011

Tagli Fus, l'annuncio di Cagli "Se il milleproroghe passa, mi dimetto"


Il sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia convoca la stampa per annunciare le dimissioni, se verranno confermati i pesanti tagli al Fus, e le dotazioni eccezionali solo per la Scala, l'Arena di Verona e la Fondazione Verdi

di ROSARIA AMATO


C'è ancora caos sul milleproroghe, dopo lo stop del presidente della Repubblica Napolitano, ma il sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia Bruno Cagli non ha dubbi: "Se i tagli allo spettacolo passeranno così come sono nel decreto milleproroghe, rassegnerò le mie dimissioni da presidente sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia. E spero che i sovrintendenti di altre Fondazioni facciano altrettanto". Cagli, nel corso di un incontro con la stampa, ha ribadito di "non volersi fare complice della dismissione culturale in corso".

I sovrintendenti delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche italiane si aspettavano nel milleproroghe un cospicuo reintegro del Fus, il Fondo Unico per lo spettacolo, che è stato fortemente decurtato dai tagli al bilancio, passando dai 410 milioni dello scorso anno ad appena 258. Ma nel decreto alla fine non c'è stato alcun reintegro: sono stati stanziati 15 milioni in più, pochissimo. Soprattutto, però, ha ricordato oggi Cagli, sono state previste "partite straordinarie di 3 milioni di euro ciascuna", per la Scala, l'Arena di Verona e la Fondazione Verdi. Alle due fondazioni di Roma, Santa Cecilia e il Teatro dell'Opera, non è andato nulla.

Santa Cecilia ha perso pertanto "5 milioni di euro rispetto al 2009". "I criteri di assegnazione -ha precisato il sovrintendente- prevedono solo gli introiti da biglietteria. Molte delle nostre entrate non vengono dalla biglietteria, ma dai programmi di sala, dalle tournèe, dai contributi dei privati cittadini. Ma anche da situazioni analoghe a quella del 16 marzo, quando faremo tre concerti per l'Unità d'Italia dove certo non prevediamo la vendita di biglietti ma incassiamo per la nostra prestazione. Che significa questo? Significa volere favorire quelle Fondazioni che questi introiti non li hanno e che, paradossalmente, sono meno virtuose di noi".

E ha aggiunto: "Impugneremo il decreto Milleproroghe, se dovesse passare così. Abbiamo raccolto un parere giuridico secondo il quale alcuni dettati del testo sono in contraddizione con la legge Bondi e sono contestabili proprio sul piano giuridico".

"Noi non possiamo ridurre il numero di concerti -ha spiegato Cagli- perchè il nostro bilancio, per il 50%, si basa sui nostri introiti e se tagliamo i concerti, che quasi sempre fanno registrare il 'tutto esaurito', riduciamo drasticamente le entrate dal botteghino e dagli sponsor. Inoltre abbiamo raggiunto standard di qualità elevatissimi, riconosciuti a livello internazionale (la stampa inglese colloca l'orchestra di Santa Cecilia tra le dieci migliori al mondo, ndr), anche grazie al nostro direttore Antonio Pappano, che tutti ci invidiano e corteggiano e che ha un contratto con noi fino al 2013. Contratto che contiamo di rinnovare".

Eppure, se i tagli verranno confermati, la prospettiva è proprio questa: si dovrà ridurre drasticamente la produzione concertica, sottolinea Cagli, "e rinunciare agli standard di qualità raggiunti negli ultimi anni". Senza contare le attività collaterali: l'Accademia sarà costretta a "chiudere la Bibliomediateca, che è la prima biblioteca musicale di Roma con criteri di consultazione moderni cui la gente accede da tutto il mondo, e il Museo degli strumenti musicali. Poi dovremmo sciogliere la JuniOrchestra e il Coro di voci bianche, che coinvolgono quasi 600 bambini e adolescenti". Prospettive analoghe per il Teatro dell'Opera.

Cagli infine ha lanciato l'allarme lavoratori: "Sembra che a nessuno interessi che nel settore ci sono 5.000 lavoratori a rischio. Non ci sarà solo la Fiat in Italia! E anche a Santa Cecilia, se non ci saranno segnali di reintegro dei finanziamenti, gli stipendi sono a rischio. E dire che nel Milleproroghe ci sono provvedimenti che fanno incassare ben altro che i 160 milioni mancanti del Fus. Solo la sanatoria sulle affissioni dei manifesti ne porta ben 80".

http://roma.repubblica.it

martedì 22 febbraio 2011

Milleproroghe, “rilievi” di Napolitano La Camera sospende la discussione


Il Presidente: eluso il vaglio preventivo, il decreto contrasta con la Costituzione. Il governo pensa a maxiemendamento


ROMA - Il decreto legge milleproroghe per la sua eterogeneità si pone in contrasto con quanto prevede in tal senso la Costituzione. E' quanto richiama il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera inviata ai presidenti dei due rami del Parlamento Renato Schifani e Gianfranco Fini e al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nella quale appunta la sua attenzione su «ampiezza ed eterogeneità delle modifiche fin qui apportate nel corso del procedimento di conversione al testo originario del decreto-legge cosiddetto milleproroghe».

Il Capo dello Stato, nel ricordare «i rilievi ripetutamente espressi fin dall'inizio del suo settennato», ha messo in evidenza che «la prassi irrituale con cui si introducono nei decreti-legge disposizioni non strettamente attinenti al loro oggetto si pone in contrasto con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al Capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti-legge».

Il premier ha fatto sapere di concordare con le osservazioni del Colle. Silvio Berlusconi è stato ricevuto nel pomeriggio dal presidente Napolitano al Quirinale con il sottosegretario Gianni Letta. Il Presidente del Consiglio ha convenuto sulle osservazioni di metodo formulate dal nella lettera oggi inviata a lui e ai Presidenti delle Camere in materia di decretazione d'urgenza. Lo rende noto un comunicato del Quirinale diffuso al termine dell'incontro di questo pomeriggio.

La lettera del Presidente all'esame dei capigruppo della Camera. La conferenza dei capigruppo della Camera, che si è riunita da poco, sta valutando la lettera al govenro del Presidente della Repubblica con i rilievi al decreto legge milleproroghe. Lo ha reso noto all'Assemblea il vicepresidente di turno, Rocco Buttiglione, rispondendo a deputati che gli chiedevano di aprire un dibattito sulle osservazioni del Capo dello Stato.

Dopo l'esame della lettera, sospesa la discussione sul decreto. L'esame del decreto milleproroghe è sospeso dopo i rilievi del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. È frutto dell'accordo raggiunto nella Conferenza dei capigruppo di Montecitorio.

È molto probabile che il governo presenti al più presto un maxiemendamento che riproponga il testo originario del decreto milleproroghe. È questa una delle soluzioni, che prospettano fonti autorevoli della maggioranza, per uscire dall'impasse che si sarebbe creata dopo la lettera del Capo dello Stato nella quale si sostiene che il provvedimento sarebbe stato trasformato al Senato in una sorta di nuova finanziaria. E sul nuovo maxiemendamento è probabile che si chieda il voto di fiducia.

Franceschini: ineccepibile durezza del Colle. «In Aula ci siamo impegnati a non commentare la lettera del Capo dello Stato per non trascinarlo nel dibattito politico. Credo che sia una lettera di ineccepibile durezza e richiama ai principi costituzionali che giustificano i decreti e le loro modifiche». Così il capogruppo Pd Dario Franceschini. «Se dalla maggioranza - osserva Franceschini - c’è la volontà di accogliere i richiami del Colle, da parte nostra, senza cambiare il giudizio di merito, si potrebbe approvare in fretta il decreto. Altrimenti useremo tutti i mezzi a disposizione».

Di Pietro: Milleproroghe serve a distribuire mance. «È vergognoso il teatrino offerto da governo e maggioranza, sono gli ultimi colpi di coda del regime. Il Milleproroghe è un provvedimento incostituzionale, così come ha rilevato anche il Capo dello Stato, e serve soltanto a dare mance a destra e a sinistra, a seconda di chi ha deciso di svendersi a questo governo». Lo ha affermato in una nota il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.

«Lo considero abbastanza amico». Così il leader della lega Umberto Bossi replica ai cronisti che gli chiedono del rapporto con il capo dello Stato anche alla luce di quanto accaduto sul milleproroghe. Per quanto riguarda il provvedimento, Bossi si dice comunque tranquillo: «questa - osserva - è l'ultima volta, ma passa».

http://www.ilmessaggero.it

lunedì 21 febbraio 2011

I tagli alla cultura? Il governo ci paga i condoni per i manifesti abusivi


1,7 miliardi di euro. Qualcuno è in grado di calcolare quante mostre, gestioni di musei, programmi teatrali, interventi archeologici ci si farebbero in un anno? Beh, se anche vi togliete lo sfizio di fare il calcolo, poi rimettetevi il foglietto in tasca. Perché? Perchè quella cifra, dal famigerato decreto milleproroghe, esce sì fuori, ma non per finanziare questi né altri progetti culturali.
Quella cifra, ripetiamo: 1,7 miliardi di euro, è infatti il costo che - stando ad un’autorità indiscussa in materia come Sergio Rizzo del Corriere della Sera - avrà, in termini di mancata riscossione delle contravvenzioni, il condono accordato per gli abusi nelle pubbliche affissioni. In altre parole: il governo massacra la cultura italiana per condonare le multe agli appiccicatori abusivi. E indovinate un po’ chi sono i maggiori responsabili di queste infrazioni, e quindi i maggiori beneficiati dal condono? Ma guarda un po’, i partiti politici.
Al miliardo e sette vanno poi aggiunti i costi per le pulizie, alcune centinaia di milioni in tutta italia. E poi i costi intrinseci in termini di perdita di flussi turistici, specie di turismo culturale, quello a maggior valore aggiunto. Il totale si approssima ai 3 miliardi di euro. Come dire uno 0,2 di pil sacrificato alla violenza ed al cattivo gusto dei partiti ed al racket criminale degli attacchini…

[exibart]

http://www.exibart.com


Tagli alla Fenice, l’ira di Orsoni: meritiamo di più dell’Arena


MILANO — Povera cultura. «Se tagli e finanziamenti si decidono, in tutta evidenza, non secondo la qualità e il rilievo dell’istituzione ma in base alla forza dei partiti che comandano, e perfino al numero dei voti, proprio non ci siamo. Quando serve, Venezia è il palcoscenico mondiale, tutti ne parlano riempiendosi la bocca — dice il sindaco Giorgio Orsoni — poi, almomento buono, la Fenice resta all’asciutto; mentre l’Arena, retta da Flavio Tosi, sindaco leghista, si prende i quattrini. Sa che le dico? La prossima volta, Bossi non venga in laguna a festeggiare la Padania, vada piuttosto a Verona» . Ironia amara, questa del primo cittadino della Serenissima. Orsoni è uomo pacato, riflessivo, insomma non un tipo da piazzate. Ma oggi è amareggiato, anzi indignato. Non è un piagnisteo il suo, l’eterno lamento di Venezia l’incompresa contro Roma che stringe i cordoni della borsa.

Certo, ce l’ha con il decreto Milleproroghe che ha escluso il Gran Teatro la Fenice dai finanziamenti destinati alle Fondazioni lirico-sinfoniche («3 milioni di euro ci avrebbero permesso di chiudere il bilancio in pareggio» ) ma esprime forte delusione anche per l’indifferenza di altre istituzioni, sempre pronte a indignarsi. «Su questa vicenda, invece, non hanno mosso un dito» . A chi allude, sindaco? «Al Fai, per esempio. Il Fondo per l’Ambiente Italiano, che ha sollevato un polverone per i manifesti pubblicitari sui palazzi del centro storico, gridando allo scempio, ora tace. Mi permetto di far notare che se si ha a cuore Venezia, non si può essere insensibili alla sorte del suo Teatro» . Qualcun altro avrebbe dovuto alzare la voce? «Certo. Penso ai vari Comitati per la salvaguardia di Venezia, che svolgono una funzione meritoria nella cura dei monumenti della città. Penso ai politici veneziani di ogni schieramento. E qui debbo ammettere che alcuni esponenti del Pdl si sono spesi in favore della Fenice» . I nomi. «Il ministro Giancarlo Galan, Nereo Laroni, Carlo Alberto Tesserin. Ha deluso invece il ministro Renato Brunetta, già mio avversario in campagna elettorale, che promise mari e monti alla città. Beh, anche il ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, non ha battuto un colpo. E dire che ci siamo visti di recente, con tante rassicurazioni da parte sua» .

E i politici del centrosinistra? «Mi risulta che soltanto il senatore Felice Casson abbia proposto un emendamento al testo del Milleproroghe, in favore di Venezia. Respinto» . Torniamo al punto: quando la coperta è corta, qualcuno ci rimette. Arena e Fenice sono le istituzioni liriche più importanti del Veneto. Promossa la prima, bocciata la seconda. Al netto della discriminazione politica, lei, ci par di capire, sostiene la superiorità culturale della Fenice. «Chiariamo: l’Arena è un’istituzione conosciuta nel mondo, soprattutto per l’impatto popolare che ha. Per lo spettacolo scenico. Se, però, parliamo di qualità dell’opera lirica, si trova a mille miglia di distanza dalla Fenice. Che, tra l’altro, nulla ha da invidiare alla Scala di Milano» . Conclusione? «Guardando al merito, nel gioco delle esclusioni — che, certo, non è un bel gioco— dovrebbe perdere Verona, non Venezia» . Tagliati i fondi, che cosa la preoccupa di più? «Si era già programmato per il 2012 un Festival della Lirica, che avrebbe attirato turismo di qualità; ma se il bilancio andrà in rosso, non vedo prospettive» .

Marisa Fumagalli
21 febbraio 2011

http://corrieredelveneto.corriere.it

sabato 19 febbraio 2011

Bondi lascia a secco lirica e spettacolo di l.d.f.

Alla Scala di Milano e alla Arena di Verona arriva un contentino, ma per il resto delle fondazioni liriche e dello spettacolo italiano la partita del “Mille proroghe” si chiude malissimo. Il reintegro, più volte promesso dal ministro Bondi, degli oltre 100 milioni di euro tagliati dalla finanziaria 2011 (ribattezzata legge di stabilità), si attesta appena a 15 milioni per la lirica di qualità –Maggio Musicale, Regio di Torino, Santa Cecilia, Comunale di Bologna e così via. Una mancia lanciata con disprezzo sotto il tavolo.

L’imbarazzo è palpabile e con apposito emendamento la Lega ha sentito l’esigenza di concedere, extra, 3 milioni di euro sia all’Arena di Verona che alla Scala, con il duplice risultato di non risolvere i problemi e, privilegiando i ricchi, creare ulteriore malcontento. Lascia molto perplessi la situazione della Fondazione veronese, che con la stagione estiva all’Arena, solo teatro al mondo con 20 mila posti, è l’unica a poter contare su cospicue entrate di botteghino per coprire i costi. A ciò s’aggiunga che malgrado l’indotto portato alla città in estate, il comune e gli imprenditori veronesi investono pochissimo nell’Arena, preferendo far pagare il conto agli altri, con l’aiuto della Lega.

Di fronte al crollo verticale dei fondi per la cultura – si pensi che il ministero dei beni e delle attività culturali con il governo Prodi nel 2006 assorbiva 0,30% del bilancio dello Stato, e nel 2011 dovrebbe scendere appena allo 0,16% –, l’unica iniziativa che è arrivata dal governo è quella di tassare gli spettatori dei cinema: un euro in più a biglietto. Ma anche qui ci sono figli e figliastri, infatti questa nuova tassa imposta dal governo Berlusconi esclude le sale parrocchiali, e i maligni sussurrano si tratti del primo acconto per un’indulgenza ma, come sottolinea sconcertato il senatore del Pd Vincenzo Vita, vicepresidente della commissione Cultura, «l'esclusione delle sale ecclesiali e religiose non salverà l’anima ai proponenti».

http://www.unita.it/italia/bondi-lascia-a-secco-lirica-e-spettacolo-i-di-l-d-f-i-1.271548

Bondi, condivido preoccupazione su FUS

Condivido pienamente – dichiara il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Sandro Bondi - la preoccupazione espressa da più parti riguardo la situazione del Fondo Unico per lo Spettacolo. Il primo risultato raggiunto con l’approvazione in Senato del decreto Milleproroghe, che ha reintrodotto fino al 2013 gli incentivi fiscali per il cinema e portato alcune indispensabili risorse alla lirica, è i massimo che è stato possibile ottenere nell’attuale congiuntura economica. Sarà necessario tuttavia continuare a sollevare in sede di Governo la necessità di non limitarsi a questi primi, importanti provvedimenti, ma di porre il settore dello spettacolo nelle condizioni di poter operare proficuamente. Al grande impegno profuso nella riforma delle fondazioni lirico sinfoniche, ad esempio, non può non corrispondere infatti un analogo sforzo per ripristinare un’adeguata dotazione del FUS. In caso contrario, il rischio è quello di svilire la lirica italiana dopo averla coraggiosamente riformata”.



Roma, 18 febbraio 2011

Ufficio Stampa MiBAC

MILLECHE?

Il provvedimento, che ora passa alla Camera dei Deputati per il via libera finale, è stato licenziato con 158 sì, 4 astenuti e 136 voti contrari.

Milleproroghe


Art. 1 comma:

12-nonies. L’autorizzazione di spesa di cui all’art. 15, primo comma, della legge 30 aprile 1985, n. 163, è integrata per l’anno 2011 di 15 milioni di euro per le esigenze degli enti di cui all’articolo 1 comma 1, del decreto legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, con esclusione di quelli di cui al comma 16-quinquies del presente articolo. Al relativo onere si provvede a valere sulle risorse rinvenienti dal comma 12-septies, secondo periodo.


16-ter. Fino al 31 dicembre 2011 è prorogato il finanziamento a favore della Fondazione orchestra sinfonica e coro sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, con autorizzazione di spesa pari a 3 milioni di euro.


16-quinquies. Al fine di assicurare la prosecuzione delle relative attività esercitate, per l'anno 2011 è riconosciuto un contributo di 3 milioni di euro per ciascuna delle fondazioni lirico-sinfoniche, di cui all'articolo 1 comma 1, lettera f), del decreto-legge 30 aprile 2010, n. 64, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 giugno 2010, n. 100, che hanno avuto un'incidenza dei costo del personale non superiore, nell'ultimo bilancio approvato, ad un rapporto 2 a 1 rispetto all'ammontare dei ricavi da biglietteria e che hanno avuto ricavi provenienti dalla biglietteria, non inferiori, nell'ultimo bilancio approvato, al 70 per cento dell'ammontare del contributo statale. Al fine di compensare gli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 16-ter, 16-quater e 16-quinquies, primo periodo, pari rispettivamente a 3 milioni di euro, 4,5 milioni di euro e 6 milioni di euro per l’anno 2011, le risorse di cui all’articolo 1 comma 14 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, non utilizzate al 31 dicembre 2010 sono mantenute in bilancio. Le predette risorse sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, quanto a euro 13,5 milioni, per la copertura degli oneri di cui ai commi 16-ter, 16-quater e 16-quinquies, primo periodo, e per la parte residua per essere rassegnate, nell’anno 2011, al fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

DL 64 convertito con DDL n.2150 il 29.6.2010

TESTO FINALE APPROVATO DAL SENATO



Articolo 1.

(Disposizioni per il riordino del settore lirico-sinfonico)



1. Con uno o più regolamenti da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, il Governo provvede alla revisione dell’attuale assetto ordinamentale e organizzativo delle fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e successive modificazioni, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, anche modificando le disposizioni legislative vigenti, attenendosi ai seguenti criteri:

f) eventuale previsione di forme organizzative speciali per le fondazioni lirico-sinfoniche in relazione alla loro peculiarità, alla loro assoluta rilevanza internazionale, alle loro eccezionali capacità produttive, per rilevanti ricavi propri o per il significativo e continuativo apporto finanziario di soggetti privati, con attribuzione al Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del potere di approvazione dello statuto e delle relative modifiche. Lo statuto di ciascuna delle predette fondazioni prevede, tra l’altro, che l’erogazione del contributo statale avvenga sulla base di programmi di attività triennali in ragione di una percentuale minima prestabilita a valere sul Fondo unico dello spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, con verifica successiva dei programmi da parte del Ministero per i beni e le attività culturali. Lo statuto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia prevede la presenza del presidente-sovrintendente e della componente del corpo accademico, eletti direttamente dall'assemblea degli accademici. Il Ministero dell’economia e delle finanze è sentito per le materie di sua specifica competenza.


venerdì 4 febbraio 2011

Scala, i ritardi bloccano i finanziamenti


Milano, 3 febbraio 2011 - Il Milleproroghe continua a slittare. Rinvii a catena, incertezza sui tempi di approvazione, sedute sconvocate per dare la precedenza al federalismo fiscale. Ieri, ad esempio, era in programma una riunione della Commissione Bilancio del Senato per verificare la copertura finanziaria degli emendamenti al decreto-legge: saltata, se ne riparla stamattina alle 9. E così anche le modifiche che riguardano la Scala e il possibile reintegro dei fondi statali tagliati a luglio si bloccano nelle sabbie mobili di Palazzo Madama.

Al momento, resta in piedi la proposta avanzata dalla Lega Nord, che chiede un finanziamento di dieci milioni di euro a testa per il Piermarini e per l’Arena di Verona. E ancora, l’emendamento del pidiellino Cosimo Latronico, che prevede uno stanziamento di tre milioni per i due enti lirici più virtuosi, cioè Scala e Santa Cecilia di Roma. Su queste proposte, c’è da registrare la freddezza della dirigenza scaligera. O meglio, in pochi credono che provvedimenti così onerosi possano ottenere il placet della Commissione Bilancio. D’altro canto, secondo il resoconto della Commissione Affari Costituzionali, che l’altro giorno ha esaminato l’ammissibilità delle richieste, sono stati invece cassati due emendamenti simili, che volevano introdurre un reintegro per le fondazioni sinfoniche pari a 35 milioni di euro e un ulteriore contributo per il 2011, allargato a tutti i settori dello spettacolo, di 150 milioni.

In realtà, è proprio su quest’ultima ipotesi che puntavano i piani alti di via Filodrammatici: del fondo aggiuntivo 2010 per i tredici enti lirici, alla Scala sarebbe spettato il 14,5%, cioè la stessa percentuale assegnata dal Fus. Euro più euro meno, sarebbero cinque milioni. Giusto quelli che servono per chiudere il bilancio in pareggio e poter pagare così l’ultima tranche di integrativo aziendale ai lavoratori. Senza dimenticare l’importanza dei 150 milioni per il 2011, che riporterebbero il Fondo unico per lo spettacolo ai livelli dell’anno scorso: 408 milioni di euro. Esattamente, la richiesta fatta dagli operatori del settore. Non è da escludere che sia proprio il ministro per i Beni Culturali, Sandro Bondi, a presentare l’emendamento decisivo per salvare capra e cavoli. Con l’avallo del Ministero del Tesoro: «È l’ultima volta che vi aiutiamo - l’avvertimento di piazza XX Settembre -. Dal 2012 la musica cambia». Al mondo dello spettacolo italiano, da sempre abituato giocoforza a pensare al presente, basterebbe eccome.

di Nicola Palma

http://www.ilgiorno.it

Scala in rosso, in arrivo tredici milioni dal Milleproroghe


Milano, 2 febbraio 2011 - Il futuro della Scala legato a due emendamenti del Milleproroghe. E se tutto dovesse andare per il verso giusto, potrebbero arrivare ben tredici milioni di euro nelle casse di via Filodrammatici. Troppa grazia, penserà il sovrintendente Stéphane Lissner, visto che ne bastano solo cinque per chiudere il bilancio in pareggio per il quinto anno consecutivo. Le misure salva- Piermarini sono state presentate come modifiche al decreto-legge in discussione alle Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio del Senato rispettivamente dalla Lega Nord (Bricolo, Bodega, Garavaglia, Vaccari, Valli) e dal Popolo della Libertà (Latronico). La prima, quella più sostanziosa, stabilisce uno stanziamento di dieci milioni di euro per la Scala di Milano e per l’Arena di Verona: prorogato fino al 31 dicembre 2011 un fondo risalente alla Finanziaria di dieci anni fa.

«Ora però bisogna aspettare gli ulteriori passaggi parlamentari», fa sapere Lorenzo Bodega, segretario lumbard della Commissione Affari Costituzionali. La seconda richiesta, invece, prevede che «al fine di assicurare la prosecuzione delle relative attività esercitate per l’anno 2011 è riconosciuto, per ciascuna delle fondazioni lirico-sinfoniche, di forme organizzative speciali, un contributo di tre milioni di euro». Tradotto dal burocratese, sei milioni da dividere in parti uguali tra Piermarini e Santa Cecilia di Roma, gli unici due enti che rispondono agli stringenti criteri sanciti dalla legge di riforma delle tredici fondazioni liriche. Presto, però, per cantar vittoria. I due emendamenti hanno superato solo l’esame di ammissibilità della Commissione Affari Costituzionali: ora dovranno evitare la scure della Commissione Bilancio, chiamata a verificare la copertura finanziaria dei provvedimenti urgenti; quindi, l’arrivo in Aula, previsto per l’8 febbraio.

«Domani sera (stasera, ndr) - chiosa il relatore Gilberto Pichetto Fratin (Pdl) - sapremo complessivamente quanti saranno gli emendamenti da votare». Ieri la I Commissione di Palazzo Madama ha sforbiciato circa un terzo delle modifiche chieste dai parlamentari: ben 542 proposte su 1.500 sono state giudicate «estranee alla materia». Tra queste, tre avrebbero potuto favorire anche la Scala. Rispedito al mittente l’emendamento che chiedeva due milioni di euro a testa per le istituzioni musicali più virtuose (leggi ancora Piermarini e Santa Cecilia); bocciato anche quello che prevedeva un reintegro del Fus 2011 di 35 milioni di euro solo per gli enti lirici. Ha incassato il no, infine, l’emendamento della senatrice Bonfrisco (Pdl), che voleva rimpinguare il Fus 2010 con 30 milioni di euro.

di Nicola Palma

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Lirica: tre emendamenti della Lega Nord al Milleproroghe per le fondazioni

ROMA - 1 FEBBRAIO 2011 - Tre emendamenti sul Fondo unico dello Spettacolo al decreto Milleproroghe sono stati presentati dalla Lega Nord.Tutti riguardano il 2010 e le fondazioni liriche. Gli emendamenti sono ora all'esame della commissione Bilancio del Senato che deve valutarne l'ammissibilità e la copertura economica. E' probabile che si sappia qualcosa di più preciso sull'esito mercoledì sera.

Uno degli emendamenti prevede il reintegro di circa 30 milioni di euro del Fus nella parte che riguarda le fondazioni liriche e poi "due distinti – ha spiegato Lorenzo Bodega, segretario della commissione Affari istituzionali - di 10 milioni ciascuno per la Scala di Milano e per l'Arena di Verona (foto)".

Resta da vedere se passeranno. "Noi ce la mettiamo tutta - ha aggiunto Bodega -. Abbiamo pensato alle risorse per le fondazioni musicali perché sono state interessate da restrizioni economiche e alla Lega è caro il concetto di cultura".

La Scala farà un punto della situazione il 7 febbraio, giorno per cui è convocata una riunione del CdA.

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