domenica 5 aprile 2009

Baricco è mobile muta d'accento e di pensiero

Da icona festivaliera di Walter V. che non ha disdegnato soldi pubblici, a denigratore della stessa e cantore del mercatismo. In questa capriola “mastelliana”, scavalca persino il McMinistro Bondi. Il Berlusconi della cultura vuole sponsorizzare i settori in cui ha il suo core-business: la musica e i libri in tv, nelle scuole e il teatro di massa.

Alessandro Baricco ha ragione quando sottolinea la necessità di ripartire dal “pubblico” inteso come destinatario, come soggetto attivo e materiale, e non come attributo spirituale, oggettivo, di un bene patrimoniale non meglio identificato. Prendiamo ad esempio Benigni e la Rai, come può essere un bene pubblico un artista che costa così tanto da poter essere pagato solo con una concessione sui diritti che la Rai ha su di lui? Baricco ha ragione quando dice che bisogna aprire al mecenatismo privato e investire per la cultura in tv. Il Riformista non può avere preclusioni verso gli sponsor privati, né snobismi mediatici.

Serve apertura mentale e risultati e Baricco può garantire entrambi. Quindi ci troviamo d’accordo con lui. Anzi, siamo così d’accordo da avere l’impressione che lui sia d’accordo con noi. Presunzione che genera un presentimento: che Baricco abbia ragione da vendere perché vuole rivenderci le nostre ragioni, rivenderci un nuovo se stesso, attraverso un risposizionamento degno di Mastella: da democristiano e cristianodemocratico, dal Pd al Pdl, da uomo di sinistra berlusconiana a berlusconiano di sinistra, da icona veltroniana ad ariete di Brunetta.

Dopo aver ricevuto anche lui, che ha mercato e potere mediatico da non necessitarne, contributi pubblici (RaiCinema e MiBac) per il suo imbarazzante film Lezione 21, uscito qualche mese fa, si mette in scia ai fustigatori degli aiuti di stato alla cultura. Sputa nel piatto in cui ha mangiato. E non per denigrare e basta. Ma per tirare a lucido il piattino. Fare nuovi soldi.

Riassumiamo brevemente i due punti della proposta di riforma culturale di massa di Baricco. Il primo: non dare soldi pubblici ai teatri stabili, ma finanziare teatri nelle scuole (evidentemente per lui l’Attimo fuggente è la storia di un grande sogno, non di un ragazzo suicida perché il padre non gli lascia fare il teatro verso cui lo spinge un professore frustrato). Secondo punto: dare soldi pubblici perché in tv si facciano programmi culturali (Per un pugno di libri dimostra che si può fare cultura divulgativa sui libri con pochi soldi e ottimi risultati, ma forse Baricco non lo guarda, come non legge le recensioni di Giulio Ferroni ai suoi romanzi, pur lamentandosi che Ferroni non lo recensisce mai).

Sono illuminanti alcune reazioni su Baricco. Sorvoliamo sui plausi di Muti, «gli sprechi ci sono», e i fischi di Piovani, «toglieteli il vino», per focalizzarci su alcune reazioni a destra. Gabriella Carlucci gli ha dato il benvenuto nel gruppo (di nostalgisti di Forza Italia), chiedendogli di scusarsi per il ritardo. Luca Barbareschi gli ha rinfacciato di «aver fatto teatro a botte di sovvenzioni». Sandro Bondi, invece, si sente scavalcato. Avete capito bene. Il ministro che ha assegnato la valorizzazione dei Beni culturali in mano al manager di McDonald, Mario Resca, si sente costretto a frenare il futurista Baricco (convinto che la qualità migliore del pensiero, oggi, sia la velocità). Al Foglio, Bondi ha mostrato tutto il suo stupore: «È paradossale che debba essere io a difendere lo stato culturale». Poi «Baricco forse non va molto a teatro. Non avrà mai visto la trilogia della Villeggiatura di Goldoni con regia di Toni Servillo (…) il teatro di prosa, la lirica, la danza non consentono redditi da impresa. Per questo è sbagliato confonderli con altri campi dove il business è possibile, come le mostre, i grandi eventi, il cinema». Conclude Bondi - ineccepibile - che «è assurdo pretendere di ripristinare l’educazione musicale nei licei, bandita ai tempi dell’Unità, e demandare poi ai privati l’allestimento della Tosca. Urge un’analisi meno superficiale delle strutture culturali». Canaglia di un vecchio comunista, avrà pensato Baricco. Più bondiano di Bondi, cioè più berlusconiano del più berlusconiano degli italiani (Fede è più leale ma meno sentimentale). Baricco è “berluscavolini”. Il più amabile tra gli italiani. Qual è la canzone che intona il Duca di Mantova alla fine del Rigoletto di Verdi? Baricco è mobile, qual piuma al vento, muta d’accento e di pensiero…

Di fronte al paradosso di Bondi, passano in secondo piano, anche se la sequenza è da spaghetti western, i colpi inferti sul cadavere veltroniano. Abbattuto e incartato con un giornale che gli fu amico, Repubblica, e ha supportato gli eventi della gestione veltroniana dove Baricco era spesso la star. Se fosse un film western, allora, Baricco non sarebbe il pistolero, ma il barman che offre da bere al vincitore. Passa in secondo piano anche il revisionismo istantaneo su Berlusconi: «Ho un esempietto - dice Baricco - che può far riflettere, fatalmente riservato agli elettori di centrosinistra. Berlusconi. Circola la convinzione che quell’uomo, con tre televisioni, più altre tre a traino o episodicamente controllate, abbia dissestato la caratura morale e la statura culturale di questo Paese dalle fondamenta: col risultato di generare, quasi come un effetto meccanico, una certa inadeguatezza collettiva alle regole impegnative della democrazia. Nel modo più chiaro e sintetico ho visto enunciata questa idea da Nanni Moretti, nel suo lavoro e nelle sue parole. Non è una posizione che mi convince (a me Berlusconi sembra più una conseguenza che una causa) ma so che è largamente condivisa, e quindi la possiamo prendere per buona».

Il punto non è che Baricco minimizzi o simuli di minimizzare il berlusconismo. E neanche il riposizionamento. Ma il disvelamento spudorato di quello che Baricco è, che è sempre stato. Un Berlusconi della cultura. Oggi più che mai. Come campione di egemonia commerciale e come cavalier servente di se stesso. E dei suoi interessi. Baricco parla di libri in tv, cultura a scuola e teatro di massa come Berlusconi parla della tv e della giustizia. A ragion veduta.

Qualche esempio? Totem, trasmissione di libri e musica in tv che poi è diventata un tour teatrale, e poi operazioni para-scolastiche come Omero. Iliade e la Scuola Holden, dove c’è una sezione “Per le scuole” (http://www.scuolaholden.it/sholden/corsi_link.aspx?ID=437&NodeId=53) che è tutta un programma: «Se sei un professore, e ti interessa proporre uno dei nostri progetti alla tua classe o alla tua scuola o vuoi attivare il corso della Scuola Holden pensato per gli insegnanti puoi contattare…». Seguono vari pacchetti: Babele, Plot, Short, Elettro-reading, Imparare a raccontare, Raccontare la storia, Ridiamoci sopra…

Luca Mastrantonio
http://tritone52.wordpress.com/2009/02/26/baricco/

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