mercoledì 24 febbraio 2010

Petruzzelli, Accardo: "Il rock rovina acustica"

"Il rock e il pop e, più in generale, la musica leggera che si avvale di amplificazione possono metterea repentaglio l'acustica del teatro Petruzzelli". Questo è l'allarme del grande violinista che invoca l'uso del teatro in primo luogo per la sinfonica e la lirica. Acceso il dibattito
di Antonio Di Giacomo
La natura dei luoghi, prima di tutto. A rivendicarla, intervenendo nel dibattito di Repubblica sull'opportunità di tenere concerti di musica leggera al Petruzzelli, è il violinista Salvatore Accardo. "Non dobbiamo dimenticare - suggerisce - che, durante l'epoca in cui sono stati concepiti ed eretti i teatri storici, non esistevano altri tipi di musica se non la classica e la lirica".

Maestro come vede, in questo scenario, l'ingresso del pop? "Sono contrario, da sempre, all'uso di tutto quanto è tecnologico in un teatro storico: mi riferisco a microfoni, altoparlantie ad altre soluzioni di amplificazione. Un teatro poi come il Petruzzelli, forte di un'acustica a dir poco perfetta, non ha certo bisogno di amplificazioni". E allora? "Un certo tipo di musica leggera, diciamo pure la quasi totalità, ha bisogno di amplificazione. Il discorso può cambiare semmai per quei musicisti non classici che, per esprimere le loro qualità, non hanno necessità di strumentazioni tecnologiche".

Per esempio? "Penso a un artista come Paolo Conte che può cantare come se fosse un cantante di lieder". Al bando, dunque, i concerti musica commerciale? "Assolutamente. Il Petruzzelli non è certo l'ambiente adeguato. Perché farli lì, poi, non capisco davvero". Quali criteri adottare, dunque, per scegliere? "Se c'è della musica leggera di qualità ben venga: ripeto un Conte sì, su altri direi di no. Senza parlare del rischio che tutto quanto è invasivo dal punto di vista sonoro possa compromettere l'integrità di un teatro storico".

In che senso, prego. "Al di là del fatto culturale, c'è il pericolo concreto che certi volumi possano danneggiare l'acustica. È noto che le vibrazioni acustiche danneggino i monumenti, figuriamoci quali effetti potrebbe avere musica enormemente amplificata in un teatro storico come il Petruzzelli dove il legno, ancora più sensibile, è materia prima per l'acustica". Alla fine affittare il teatro, come fa la Fondazione, è anche un modo per fare cassa però.

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"Lo so bene. In passato, per dirne una, hanno noleggiato un gioiello come il San Carlo peri matrimoni. Solo per far soldi. Un'assurdità. Stiamo vivendo un momento storico allucinante: non ci sonoi soldi per la culturae la scuola e poi si sprecano centinaia di milioni di euro per la Maddalena, tanto per non fare polemiche". E dell'uso congressuale dei teatri, cosa ne dice? "Assurdo e basta".

C'è chi sostiene, tuttavia, come Cacciari che i teatri debbano vivere 365 giorni l'anno e non di sola classica e lirica. "E perché no, mi domando. In Germania, per citare soltanto un caso, ma accade ovunque nel mondo, anche le più piccole città hanno i loro teatri sempre aperti facendo sinfonica, opere e balletti". Diversi budget, forse? "Meno sprechi, direi. I teatri storici dovrebbero collaborare di più loro senza sperperare quattrini per allestimenti destinati a vivere pochi giorni, ma scambiandosi scenee costumi per esempio. Ma il problema sta alla base: non c'è educazione alla musica in Italia, a cominciare dalla scuola. E, come ha detto Muti, è inconcepibile che, nel Paese della storia della musica, la scuola non proponga un'educazione musicale come si deve".

A quando, maestro, il suo ritorno sul palcoscenico del Petruzzelli? "In autunno. Il 4 novembre, su invito dell'amico Rocco De Venuto, inaugurerò la nuova stagione della Camerata musicale barese proprio al politeama. Insieme con l'Orchestra da camera italiana, proporrò un programma "classico": le Quattro stagioni di Vivaldi

http://bari.repubblica.it/cronaca/2010/02/23/news/petruzzelli_accardo_il_rock_rovina_acustica_-2623589/

martedì 23 febbraio 2010

La ricetta di Fontana: ''Tutta la musica va bene ma se segue un progetto''

NEL 1983, quando era alla guida della Biennale Musica, scatenò un vespaio di polemiche per aver invitato artisti come Brian Eno e Laurie Anderson. Qualche anno dopo, da sovrintendente del Teatro alla Scala (carica che ha ricoperto dal 1990 al 2005), aprì le porte del Piermarini a West Side Story di Bernstein e a Keith Jarrett. E anche lì non mancarono le critiche. Da «laico contrario a ogni fondamentalismo", Carlo Fontana non si scandalizza per la svolta pop del Petruzzelli. Ma con alcune precisazioni. Carlo Fontana, il Petruzzelli sdogana la musica leggera. Che ne pensa? «Prima di tutto è necessaria una premessa. La distinzione tra musica alta e musica bassa, o se preferisce tra musica colta e musica extracolta, non esiste. La differenza sta nella fruizione: c' è l' ascolto consapevole, attento, e c' è l' ascolto passivo che punta all' evasione». Detto questo, che effetto le fa un teatro lirico che ospita Mario Biondi e Antonello Venditti? «Trovo che siano ottimi artisti. Non ho nulla in contrario, a patto che questa scelta si inserisca in un progetto ad ampio respiro. Che identità culturale vuole darsi il Petruzzelli? Vuole essere un luogo dove si produce musica o un contenitore di intrattenimento? Questo è il cuore del problema». Secondo lei quale dovrebbe essere l' identità del Petruzzelli? «Non sta a me dirlo, ma ritengo che, vista la sua storia e il contesto dove è inserito, non sia sbagliato aprire al pop. A condizione però che siano seguiti criteri di qualità anche per quanto riguarda la musica d' uso. E soprattutto che non si tratti di scelte estemporanee pensate solo per fare cassetta». Il sindaco Cacciari sostiene che invece questo è l' unico modo per far vivere i teatri lirici. «Stimo Cacciari ma non sono d' accordo. L' unico modo per far vivere i teatri, e non solo quelli lirici, sono i finanziamenti pubblici. In Italia non si fa altro che tagliare con il risultato che trionfa la cultura della non cultura. Se il Petruzzelli fosse messo nelle condizione di fare opere, concerti e balletti tutte le sere il problema non si porrebbe. E comunque non si fanno quadrare i bilanci con qualche concerto pop una tantum. In questo senso torno a ripetere che l' errore non è ospitare la musica leggera, ma farlo senza un progetto culturale preciso». Ma il pubblico non andrebbe educato anche all' ascolto di musica impegnata? «Certo, ma è anche l' offerta che induce la domanda. E torniamo all' emergenza principale di un paese come l' Italia che sulla cultura non investe, anzi taglia senza nessun riguardo, quando invece la storia ci insegna che il teatro, da sempre, è finanziato: che sia il principe rinascimentale, i privati o lo Stato, poco importa». Quando nel 1983 chiamò alla Biennale Musica Brian Eno, le diedero del trasgressivo. «Me lo ricordo bene, ma quella fu una scelta molto meditata. Volevo dare spazio alla musica di confine e non solo all' avanguardia colta. Esattamente come quando portai West Side Story alla Scala: in una stagione che celebrava il ' 900, quella era un' opera a tutti gli effetti rappresentativa della contemporaneità». Bernstein è una cosa, Baglioni un' altra. Alla Scala l' avrebbe mai invitato? «No, ma non perché non apprezzi Baglioni, che al contrario amo molto. Il motivo è un altro: la Scala fa storia a sé, non è paragonabile a nient' altro. È un simbolo che richiede una cura particolare: bisogna stare molto attenti a non intaccare la sua aura mitica». Uto Ughi ha definito "vergognosa" la svolta pop del Petruzzelli. «Questo snobismo non aiuta ad affrontare la questione. Mi porrei piuttosto un altro problema». Quale? «Ogni musica esige per sua natura un luogo preciso. Nei grandi spazi la musica barocca soffre, così come un concerto rock in un teatro lirico risulta sicuramente penalizzato.
Al Petruzzelli si sono chiesti come risolvere il problema "ambientale"?»

Repubblica — 19 febbraio 2010 pagina 13 sezione: BARI

L’ora di musica a scuola è una «vitamina» per il cervello



ANCHE I dislessici o gli autistici, potrebbero essere aiutati della musica
Imparare a cantare o suonare può aiutare a migliorare le capacità linguistiche

SAN DIEGO (California) - L’ora di musica a scuola? Importante come quella di italiano, di storia o di geografia. O forse di più, dicono i neuroscienziati. Perché ascoltare Beethoven, imparare a suonare uno strumento o a cantare una canzone hanno un’influenza importante sullo sviluppo sensitivo e cognitivo dei bambini e dei ragazzi. E potrebbe anche costituire un buon sistema per curare persone con disturbi del linguaggio come i dislessici o addirittura gli autistici. Musica e percezione del linguaggio, infatti, hanno a che fare sia con il con il sistema nervoso sensitivo che con i più alti centri cognitivi del cervello.

CLASSI RUMOROSE - «L’esperienza musicale – ha detto Nina Kraus, triestina d’origine, ora professore e ricercatrice alla Northwestern University di Evanston, Illinois, in occasione del meeting annuale dell’Aaas, l’associazione americana per il progresso delle scienze in corso a San Diego, - può aiutare a ascoltare meglio chi parla anche in un ambiente rumoroso perché permette di “isolare” i suoni: abbiamo valutato questa capacità studiando il cervello dei musicisti. Pensiamo a chi suona, per esempio, in un’orchestra: ciascun musicista riesce a cogliere segnali chiave che gli consentono poi di “entrare” al momento giusto». Le ricerche di Nina Kraus hanno dimostrato che il sistema nervoso risponde allo stimolo acustico del linguaggio (cioè a chi sta parlando) e allo stimolo musicale (una canzone per esempio) immediatamente, nel giro di millisecondi. I musicisti lo fanno più velocemente degli altri.

LA DISLESSIA - «Non solo –aggiunge la ricercatrice, - abbiamo anche dimostrato che l’esperienza musicale permette di ascoltare con più attenzione gli altri interpretando con maggiore facilità le sfumature del linguaggio legate a cambiamenti (anche minimi) dell’intonazione della voce dell’interlocutore». Ecco perché bambini educati alla musica possono mantenere più facilmente la concentrazione e ascoltare meglio la voce dell’insegnante in una classe rumorosa. Ecco perché persone con problemi di linguaggio, come appunto i dislessici o addirittura gli autistici, potrebbero essere aiutati della musica. «Adesso sappiamo che la musica – ha concluso Nina Kraus può modellare i circuiti sensori subcorticali in maniera tale che da migliorare attività quotidiane come la lettura o l’ascolto degli altri».

Adriana Bazzi

http://www.corriere.it/salute/10_febbraio_22/musica-scuola-vitamina-cervello_57b95138-1f88-11df-b445-00144f02aabe.shtml

Sanremo: Ughi, hanno vinto i peggiori

«In Italia siamo a livelli di terzo mondo, a Sanremo hanno vinto i peggiori, nel nostro Paese chiudono le orchestre (anche quelle della Rai) e si spendono soldi per trasmissioni televisive infime. Per non parlare della gestione clientelare dei teatri».

Lo ha detto il violinista Uto Ughi oggi a Sassari per la presentazione, assieme al sindaco Gianfranco Ganau, della rassegna musicale “Non solo Classica” nell’ambito delle celebrazioni per i 35 anni di attività della Compagnia Teatro e Musica di Sassari.

«Se anche i piccoli centri come Sassari valorizzano la cultura – ha aggiunto Ughi - allora vi è da ben sperare per il futuro del nostro Paese».

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