mercoledì 1 febbraio 2012

Vietato il lavoro autonomo: Musicisti sul piede di guerra

Tutto, apparentemente, regolare, mentre è grave e fortemente limitativo della libera espressione per i musicisti, il contenuto della circolare del 19 gennaio scorso a firma di Salvatore Nastasi, direttore generale dello Spettacolo, il quale richiama i sovrintendenti delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche italiane all’osservanza dell’art. 3 della legge n. 100, del 29 giugno 2010 - la classica polpetta avvelenata di Bondi, prima di uscire di scena - che recita: “Il personale dipendente delle fondazioni lirico-sinfoniche, previa autorizzazione del sovrintendente, può svolgere attività di lavoro autonomo per prestazioni di alto valore artistico e professionale, nei limiti, definiti anche in termini di impegno orario percentuale in relazione a quello dovuto per il rapporto di lavoro con la fondazione di appartenenza, e con le modalità previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro… sempre che ciò non pregiudichi le esigenze produttive della fondazione. Nelle more della sottoscrizione del Contratto collettivo nazionale di lavoro, sono vietate tutte le prestazioni di lavoro autonomo rese da tale personale, a decorrere dal 1º gennaio 2012”.

DIVIETO DI LIBERA PROFESSIONE - Con la sua circolare, Nastasi ribadisce che quella legge non può essere elusa, pena l’applicazione delle sanzioni previste per i dipendenti che non si attengono alle leggi, fino al licenziamento. Insomma dal 1° gennaio di quest’anno nessuno strumentista, sia esso ‘di fila’ o ‘prima parte’ o addirittura ‘prima parte solista’ di un’orchestra può esercitare la libera professione di musicista, anche nei periodi di congedo non retribuito, neppure con autorizzazione. E questo, apparentemente, per effetto della ‘carenza della sottoscrizione del contratto collettivo di lavoro’. Contratto che non è stato ancora sottoscritto, semplicemente perché neppure presentato e che, data l’attuale situazione, rischia ancora per anni di non essere presentato e sottoscritto. Con la conseguente proibizione per tutti i migliori solisti delle nostre orchestre - quelli che svolgono, in virtù della loro riconosciuta bravura, attività solistica - di suonare al di fuori delle orchestre di appartenenza, con le quali non hanno mai sottoscritto un contratto di ‘esclusiva’. Le ragioni di tale norma stanno nella volontà del legislatore di “migliorare la critica situazione economica delle fondazioni lirico sinfoniche italiane”. Ma in che maniera queste restrizioni verrebbero a migliorare la grave situazione di crisi, Nastasi non lo spiega.

LA DEROGA - C’è una deroga a tale divieto, deroga scritta appositamente per il Teatro alla Scala e l’omonima Filarmonica. “Si precisa che il divieto - si legge nella circolare Nastasi - ispirato al generale principio della esclusività del rapporto di lavoro, tollera bensì l’eccezione delle prestazioni di lavoro autonomo rese dai dipendenti a favore del corpo artistico del proprio teatro…I vantaggi economici per la Fondazione, necessari, devono assumere infatti veste di apposita obbligazione giuridica formalizzata nell’atto di convenzione fra Teatro e corpo artistico autonomo”. Dunque viene salvata l’attività della Filarmonica della Scala, riconosciuta come emanazione diretta del Teatro, attraverso apposita convenzione fra le due entità.

PRONTI ALLA PROTESTA - E tutti gli altri bravissimi solisti italiani? Non potranno più suonare; i loro impegni anche con complessi prestigiosi devono essere cancellati. Al loro posto vedremo calare in Italia un numero sempre maggiore di solisti stranieri, come se non ve ne fossero già a sufficienza, anche per via dello strapotere di alcune importanti agenzie artistiche internazionali. Ma allora Muti, ‘direttore onorario a vita’ dell’Opera di Roma non potrebbe dirigere né a Chicago né la sua ‘Cherubini’, né qualunque altra orchestra, e Pappano, direttore musicale dell’orchestra di santa Cecilia, non potrebbe dirigere mai altrove, salvo il caso in cui con i loro concerti fuori non contribuissero economicamente a risanare le casse delle loro istituzioni? Siamo all’assurdo, alla fine della musica in Italia, al divieto della libertà di espressione, al mancato riconoscimento del merito di noti musicisti. Che altro si aspetta per reagire?
Data la situazione, gravissima, i musicisti interessati - che sono il fior fiore di quelli italiani - si preparano ad azioni di protesta eclatanti.

Pietro Acquafredda

http://www.paesesera.it

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