giovedì 9 ottobre 2014

L’Opera tira fuori il vero buco di bilancio Tredici milioni di deficit nel 2013 contro il pareggio del 2012. I sindacati non ci stanno.

Tredici milioni di deficit nel 2013 contro gli 87mila euro di attivo nel 2012. Sta tutta qui la chiave del dissesto finanziario del Teatro dell’Opera di Roma. Cos’è successo in quei dodici mesi? Confrontando le cifre del bilancio 2013 con il 2012 balza agli occhi una grande differenza nei costi di produzione. Nel 2012 i costi ammontavano a 57milioni di euro, saliti a oltre 63 milioni nel 2013. Per questo, tra entrate e uscite, la produzione era in rosso per oltre 11 milioni euro.
Intanto i lavoratori di coro e orchestra del Teatro dell’Opera di Roma hanno appena ricevuto la comunicazione dell’apertura della procedura della legge 223, quella per i licenziamenti. Guardano al tavolo di confronto che «chiederemo, come prevede la legge». E lo faranno insieme, visto che l’annuncio del sovrintendente Carlo Fuortes e del sindaco di Roma, Ignazio Marino, di volerli esternalizzare (con un licenziamento collettivo) ha avuto l’effetto di ricompattare il fronte sindacale.
«Siano ritirate immediatamente le lettere di licenziamento inviate ai componenti dell’orchestra del Teatro dell’Opera senza coinvolgere minimamente le organizzazioni sindacali e senza alcun rispetto dell’accordo siglato lo scorso 25 luglio né dell’esito del referendum. Si attivino invece tutte le tipologie di contratto finalizzate a salvare lavoro». Così i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil di Roma e del Lazio, Claudio Di Berardino, Mario Bertone e Pierpaolo Bombardieri, in merito alle vicende in corso al Teatro dell’Opera. «Il sindaco di Roma, scegliendo la strada del licenziamento collettivo che dequalifica e precarizza il lavoro - precisano - è riuscito ad arrivare allo scontro con il sindacato e con chi esso rappresenta. Se ne assuma la responsabilità. E si assuma la responsabilità della progressiva azione di demolizione della cultura e dello smantellamento dei luoghi in cui si essa si produce, fiorisce, vive. Pensiamo alla vicenda del Teatro Eliseo o allo sgombero del Cinema America».
All’attacco anche Alemanno. «Si potevano seguire altre strade per pretendere dai sindacati e dai lavoratori un sacrificio per salvare il Teatro - conclude - Non lo si è fatto mettendo i lavoratori davanti a un fatto compiuto e, quindi, si è attuato un comportamento antisindacale perché si presumeva che sindacati e lavoratori avrebbero detto no a un piano di ristrutturazione che permetteva di risparmiare 3,4 milioni euro».

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