
Questa norma che prevede l’abolizione dei concorsi pubblici internazionali e la graduale eliminazione dei contratti a tempo indeterminato, è un provvedimento molto negativo che colpisce un settore già seriamente compromesso dai tagli operati dal Governo al Fondo unico per lo Spettacolo. Avanza l’idea che, a fronte della crisi economica che vive il Paese, il tema della cultura, dell’arte, della musica siano temi inattuali e privi di centralità e non fattori qualificanti per uno sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
Il fatto che il nostro Paese destini alla cultura non più dello 0,30% del suo Pil è il segno lampante di una politica miope che ha smesso di investire nel futuro, nei giovani, nell’arte, nella cultura e nella bellezza.
Mi auguro che il Governo faccia marcia indietro e che anche in Italia, come nel resto d’Europa, la musica venga considerata un lavoro serio, una professione nobile e non un lusso o uno spreco a cui dedicare pochi spiccioli e molti pregiudizi.
Nichi
http://www.nichivendola.it
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