lunedì 26 aprile 2010

Il governo sfascia l’Imaie e torna il conflitto d’interessi



ARTISTI. Con il contestato decreto legge sulle fondazioni liriche, l’esecutivo di Berlusconi vuole mettere le mani sull’Istituto che tutela i diritti di riproduzione, sciolto nel 2009, malgrado le sentenze del Tar. In ballo milioni di euro.

Dentro il decreto legge sulla riforma dello spettacolo e del settore lirico-sinfonico, approvato il 16 aprile scorso dal Consiglio dei ministri e osteggiato dal mondo della musica che chiede al Capo dello Stato di non firmarlo, si cela all’articolo 6 uno dei tanti pesanti conflitti di interesse che riguardano il cavalier Berlusconi: la riforma dell’Imaie, l’istituto mutualistico preposto alla tutela dei diritti degli artisti, interpreti ed esecutori di opere musicali, cinematografiche, drammatiche, letterarie e audiovisive che ridistribuisce agli aventi diritto i soldi provenienti dai passaggi in radio e in tv. Il decreto prevede la costituzione di un Imaie 2 messo sotto la vigilanza del ministero per i Beni e le attività culturali e del dicastero del Lavoro.

Una storia di soldi, tanti soldi che le reti televisive del premier potranno non riconoscere agli artisti, o farlo in modo molto parziale. Tutto parte dallo scioglimento dell’Imaie avvenuto nell’aprile 2009. Una decisione del prefetto di Roma Pecoraro, «per assoluta incapacità di raggiungere gli obiettivi statutari », in seguito a una relazione dei revisori dei conti dell’Istituto, fra i quali, per legge, anche quelli inviati dallo stesso ministro Bondi. Il problema è che chi negli anni avrebbe dovuto erogare i fondi, ossia proprio le reti televisive, Mediaset fra le al tre, non sembrava così concentrato nella ricerca degli artisti beneficiari.

Quindi la faccenda in sintesi funzionerebbe così: le tv non pagano i diritti agli artisti; nel 2007 si scatenano risse furibonde dentro l’Imaie a colpi di carta bollata su un articolo dello statuto, il 7, che permette l’erogazione di fondi rimasti a disposizione perché non sono stati rintracciati gli aventi diritto; partono denunce per truffe, se ne occupano il pm di Roma Luca Tescaroli e la Guardia di finanza, l’Imaie si blocca completamente, il prefetto scioglie l’Istituto perché non farebbe il suo lavoro, il premier, proprietario delle televisioni che per legge dovrebbero pagare quei diritti, emana un decreto d’urgenza che fonda un Imaie 2 sotto il controllo del governo. Con l’acqua sporca si butta via tutto il bambino per sostituirlo con un pupazzo.

Nel frattempo i 120 milioni che stavano nelle casse dell’Imaie sono spariti, visto che i commissari liquidatori hanno dichiarato nel gennaio scorso lo stato di passività dell’ente. Dove sono fi niti? Non si sa. Ma perché Berlusconi e Bondi hanno voluto un decreto d’urgenza? Sono decenni che si cerca di fare una riforma dello spettacolo dal vivo e adesso il primo ministro e il ministro dei Beni culturali ne partoriscono una in tutta fretta. La decisione del prefetto Pecoraro è stata respinta tre volte dal Tar, al quale s’era rivolto il presidente dell’Imaie Edoardo Vianello assieme a 200 artisti.

Il Tar a sua volta è stato smentito dalla sesta sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Claudio Varrone, al quale si sono rivolti il ministero del Lavoro e il dicastero di Bondi. Consulente dell’ufficio legislativo del ministero dei Beni culturali, in carica “fino alla durata del ministro”, chi è? Federica Varrone, figlia di Claudio. Una coincidenza, per carità. Mica è illegale essere figlia e papà. Però ora succede che il Tar dovrà pronunciarsi di nuovo il 29 aprile. Il Tribunale ha tempo 90 giorni per depositare la sentenza, quindi se insisterà ad opporsi allo scioglimento la pratica ritornerà alla sesta sezione del Consiglio di Stato. Tuttavia rischia di arrivarci quando Varrone non sarà più al suo posto, causa pensionamento. Quindi meglio ficcare la rogna Imaie dentro un decreto d’urgenza, per scavalcare il Tar.

E siccome il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, il decreto legge che attende la firma del Capo dello Stato viene pesantemente contestato dai lavoratori delle 14 fondazioni liriche: mobilitazioni e proteste in tutta Italia. A Napolitano si chiede di non firmare. Ma Bondi dice: «Non appena il decreto sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, discuteremo in maniera franca e serena». Il ministro vuole quindi andare avanti a tutti i costi e poi magari ritoccare qualcosa prima della conversione del decreto da parte del Parlamento. E questo “qualcosa” potrebbe non essere l’articolo 6, dal quale passeranno i soldi che Rai e tv berlusconiane, attraverso un Imaie riportato sotto il controllo governativo, dovrebbero dare agli artisti, che già oggi si vedono riconosciuti i diritti più bassi del mondo: nell’80% dei casi da 1 a 5 euro.


Marcantonio Lucidi
http://www.terranews.it/news/2010/04/il-governo-sfascia-l%E2%80%99imaie-e-torna-il-conflitto-d%E2%80%99interessi

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