lunedì 18 ottobre 2010

VIVA ZAPATERO!!


Il governo spagnolo è impegnato a tagliare severamente le spese per far fronte alla persistente crisi che colpisce il paese. Ma nel settore culturale José Luis Rodríguez Zapatero ha deciso di usare le forbici con la punta arrotondata. Il ministro della Cultura, Ángeles Gonzáles-Sinde, si è detta parzialmente soddisfatta perché nella Finanziaria 2011 il suo dicastero può contare su 789,3 milioni di euro, contro i 917 del budget 2010. Una limatura importante, ma, come ha sottolineato il ministro, decisamente inferiore a quella media patita dai suoi colleghi; cosicché, se nell’anno in corso il ministero della Cultura ha gestito lo 0,4 per cento del budget totale, per il 2011 la sua fetta è pari allo 0,5 per cento.

Gonzáles-Sinde ha assicurato che il governo investe strategicamente sulle attività patrocinate dal suo dicastero, perché “lo stimolo alle industrie culturali è cruciale per l’uscita dalla crisi se si tiene conto che la cultura fornisce il 4 per cento del pil spagnolo e dà lavoro a più di 800 mila persone”. Tolte le spese di gestione del ministero, i fondi più consistenti sono così ripartiti: 161,9 milioni vanno all’Instituto nacional de las Artes escénicas y de la Música, 106,5 all’Instituto de la Cinematografía y de las Artes audiovisuales, 90,3 alla Direzione delle infrastrutture, 49,6 al museo Reina Sofia, 43,9 al Prado, 42,8 alla Biblioteca nazionale. Nonostante la pretesa attenzione del governo per i fondi destinati alla cultura, molti, specie nell’opposizione, sono preoccupati perché i quattrini per la conservazione e la restaurazione dei beni culturali sono calati del 41,9 per cento rispetto al 2009 e quelli per la protezione del patrimonio storico-artistico spagnolo (che è il secondo nel mondo, dopo quello italiano) si sono ridotti del 29,1 per cento in due anni. Questo crollo si spiega così: alla conservazione e alla protezione del patrimonio è destinato per legge l’1 per cento degli stanziamenti per le nuove opere pubbliche (e arriva quindi dalle casse del ministero dello Sviluppo). Ma la crisi economica ha pressoché paralizzato il settore edilizio sia privato sia pubblico, e di conseguenza è diminuito drasticamente il peso assoluto di quell’1 per cento destinato al patrimonio artistico-culturale.

Nel frattempo,
l’opposizione propone di battere altre e più innovative strade, sempre allo scopo di incrementare, e non defalcare, l’apporto al settore culturale. Il leader popolare, Mariano Rajoy, propone infatti di eliminare il ministero della Cultura, accorpandolo a quello dell’Educazione, ma ha promesso di promuovere una nuova legge sul mecenatismo che, attraverso più robusti sgravi fiscali sull’esempio francese, renda più appetibile l’investimento in attività culturali da parte del settore privato. A proposito della ripartizione delle sovvenzioni pubbliche, l’opposizione ha invece spesso polemizzato sulla fetta di fondi destinati al cinema, che sarebbe eccessiva a fronte del calo di incassi delle pellicole spagnole. Secondo il Pp tanta generosità sarebbe dovuta al fatto che il mondo dei cinematografari, gravitante intorno al polo costituito da Pedro Almodóvar e dalla famiglia Bardem, riceva un premio per la sua vicinanza ideologica ai socialisti.

Un capitolo a parte riguarda le Comunità autonome
(cioè le regioni) che a loro volta sovvenzionano localmente l’industria culturale. Un ruolo particolare hanno la Catalogna, i paesi baschi e, in misura minore, la Galizia, che destinano fondi pubblici consistenti soprattutto a quelle attività culturali che prevedano la promozione delle lingue locali: catalano, euskara e galiziano. I governi regionali di ogni colore largheggiano di spese anche per le televisioni pubbliche locali, che sono spesso manovrate politicamente a vantaggio del partito in carica nella Comunità autonoma. Si tratta di emittenti molto costose e provviste di strutture ipertrofiche in rapporto con la loro audience potenziale (e reale) circoscritta: basti pensare che Tv3, emittente di ambito esclusivamente catalano, ha circa 2,700 dipendenti a fronte dei circa 700 che lavorano per il grande canale privato nazionale Telecinco.

di Guido De Franceschi
http://www.ilfoglio.it/soloqui/6489

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